AGI - La Corte d'Appello di Hong Kong ha vietato la canzone pro-democrazia “Glory to Hong Kong”, diffusa durante le proteste del 2019 nella regione amministrativa speciale. Le autorità hanno affermato che il brano – collegato alle proteste e ai disordini di 5 anni fa – è stata “erroneamente e ripetutamente presentata” come l’inno della città. Si riferiscono a quei casi, spesso eventi sportivi internazionali, in cui per confusione è stato suonato al posto dell'inno cinese. Si stima, in tutte le situazioni, che ciò sia avvenuto almeno 800 volte.
Lo scorso luglio, l'Alta Corte aveva respinto la proposta del governo, affermando che la mossa potrebbe avere un “effetto agghiacciante” sulla libertà di parola. Ma le autorità hanno contestato la decisione della corte, ora ribaltata. Durante l'appello, un avvocato che rappresentava il governo della Città aveva citato un'intervista rilasciata dal compositore della canzone, in cui quest'ultima veniva definita "un'arma" che ha contribuito allo sviluppo delle proteste.
Composta con l'aiuto di più manifestanti, e con parti scritte anche grazie ai suggerimenti degli utenti del forum online LIHKG, la canzone è stata pubblicata su YouTube nell'agosto 2019. Include lo slogan "liberare Hong Kong, rivoluzione dei nostri tempi", un ritornello comune cantato dalla folla durante i disordini. Da allora lo slogan è stato giudicato dalle autorità capace di incitare alla secessione, un reato ai sensi della legge sulla sicurezza nazionale imposta da Pechino, che può punire i trasgressori con il carcere a vita.
Immediata la reazione di Pechino che ha definito la misura "necessaria". "Impedire a chiunque di utilizzare o diffondere la canzone in questione è una misura legittima e necessaria da parte di Hong Kong per adempiere alla propria responsabilità di salvaguardare la sicurezza nazionale", ha detto il portavoce del ministero degli Esteri Lin Jian in un briefing.