AGI - Le Nazioni Unite hanno lanciato un fondo per sostenere i rifugiati e gli sfollati interni di fronte agli shock climatici, con l'obiettivo di raccogliere 100 milioni di dollari entro la fine del 2025. In un comunicato, l'Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) spiega che il suo lavoro per costruire la resilienza ai cambiamenti climatici fa già parte delle sue attività di protezione e assistenza per oltre 114 milioni di persone in tutto il mondo. "Il Fondo riunisce tutte le attività dell'UNHCR in materia di clima, compreso quello per la protezione ambientale dei rifugiati" istituito nel 2021, ha dichiarato all'AFP la portavoce Olga Sarrado, aggiungendo che la misura ha già raccolto circa cinque milioni di dollari di impegni.
Secondo l'UNHCR, il nuovo fondo finanzierà iniziative volte a proteggere le comunità più a rischio "fornendo loro i mezzi non solo per prepararsi ai rischi associati ai cambiamenti climatici, ma anche per affrontarli e superarli". "Gli effetti del cambiamento climatico sono sempre più devastanti, esacerbano i conflitti, distruggono i mezzi di sussistenza e, in ultima analisi, sfollano le persone", ha dichiarato il capo dell'UNHCR Filippo Grandi.
Nel 2022, oltre il 70% dei rifugiati e dei richiedenti asilo proveniva da Paesi altamente esposti ai cambiamenti climatici
"Molti dei Paesi che sono stati più generosi nell'accogliere i rifugiati sono anche quelli più colpiti dagli effetti del cambiamento climatico", ha dichiarato Grandi. Ma "i fondi stanziati per combattere gli effetti del cambiamento climatico non vanno a beneficio degli sfollati o delle comunità che li ospitano". Il fondo mira a promuovere l'inclusione dei rifugiati nelle politiche climatiche nazionali e locali.
Ma non solo. I contributi mirano anche ad ampliare la portata e l'impatto dell'azione climatica dell'UNHCR, consentendo all'agenzia e ai suoi partner di impegnarsi in progetti legati al clima nei Paesi in cui sta già rispondendo a situazioni di sfollamento forzato legate a conflitti importanti. I casi più eclatanti sono quelli di Bangladesh, Ciad, Etiopia, Kenya e Mozambico. In questo contesto si dovrebbe rendere disponibili risorse sostenibili dal punto di vista ambientale nelle aree più colpite, fornendo più energia pulita, ad esempio, per far funzionare le infrastrutture di approvvigionamento idrico. Ma saranno anche potenziate le scuole e i servizi sanitari utilizzati dai rifugiati e dalle comunità che li accolgono.