AGI - La Guida Suprema dell'Iran, Ali Khamenei, sarebbe contrario all'idea che il proprio figlio Mojtaba prenda il suo posto. Tuttavia la lotta alla successione dell'ayatollah, la massima carica della Repubblica Islamica, è aperta e le parole di Khamenei non estromettono del tutto il proprio figlio, da molti indicato da anni come la vera e propria 'eminenza grigia' che muove le fila del regime. Mojtaba, che ha 55 anni, è infatti l'unico tra i 4 figli maschi di Khamenei ad aver raggiunto un livello di studi e conoscenze in ambito religioso e di diritto islamico che ne renderebbero legittima l'ascesa. Competenze che però per la Guida Suprema in carica, che attualmente ha 84 anni, non sarebbero determinanti per l'elezione di Mojtaba e che - secondo l'agenzia Ilna - insiste per evitare che il ruolo da lui ricoperto dopo la morte dell'ayatollah Khomeini, fondatore della Repubblica Islamica, divenga ereditario. Eppure non mancano dure critiche rivolte alla Guida Suprema, accusato sia da oppositori politici iraniani, sia dall'estero, di aver spianato nel tempo la strada all'elezione di Mojtaba, che da anni è considerato l'ispiratore della stretta autoritaria del regime iraniano degli ultimi anni.
Una polemica iniziata dopo le elezioni del 2005, quando il leader riformista Mehdi Karroubi chiese pubblicamente a Khamenei di "evitare interferenze di Mojtaba" nel processo elettorale. Una polemica che da allora ha avuto un riflesso sull'opinione pubblica; durante le proteste che hanno ciclicamente infiammato sin dal 2009 le piazze iraniane, non sono mai mancati slogan e canti contro Mojtaba. Alle polemiche l'organo incaricato di scegliere la Guida Suprema, l'Assemblea degli Esperti, ha risposto garantendo che a essere decisive saranno "merito e qualifiche". Parole a doppio taglio, che non estromettono Mojtaba, anzi ne definiscono la sua eventuale elezione come risultato di un'elezione democratica. Prospettiva ancora più pericolosa, perché ripulirebbe l'ascesa di Mojtaba da quelle accuse di ereditarieta' della carica che il regime vuole evitare a tutti i costi, perché riporterebbe l'Iran ai tempi della dinastia Pahlavi e della monarchia dello Shah: la dittatura che aveva ispirato la rivoluzione e la nascita della Repubblica Islamica.
L'Iran è reduce dalle elezioni che hanno determinato la composizione del nuovo Parlamento e dell'Assemblea degli esperti, l'organo incaricato di scegliere il successore di Khamenei. Elezioni caratterizzate dalla scarsissima affluenza alle urne (circa 40%) e dalla vittoria di componenti ultraconservatrici, la cui ascesa è stata favorita dalla censura di tutti gli elementi riformisti che avevano presentato la propria candidatura. Tra questi Hassan Rouhani, uno dei possibili successori di Khamenei, almeno sulla carta, la cui elezione appare ora sempre più improbabile. Le ultime elezioni sono infatti servite a Khamenei a garantirsi il controllo sull'Assemblea degli Esperti e, di conseguenza, sulla sua successione. Rimane la candidatura dell'attuale presidente Ebrahim Raisi, che cercherà nei prossimi mesi di consolidare al massimo la propria posizione.
Secondo fonti iraniane le ultime elezioni hanno segnato l'ascesa del 'Fronte di Resistenza', un gruppo ultraconservatore fondato nel 2012 dall'ayatollah Mohamed Taghi Mesbah Yazidi, un clerico estremista morto poi nel 2021. Il fronte spingerebbe per Mojtaba o per un proprio candidato. Nonostante il controllo sulle istituzioni raggiunto dai conservatori, i riformisti sono comunque decisi a giocarsi tutte le proprie carte. Sia Rouhani che il figlio del primo ayatollah Khomeini, Hassan, sarebbero ancora in corsa e punterebbero sulla voglia di cambiamento forte presso la popolazione, che vedrebbe con sfavore l'elezione del figlio di Khamenei.