AGI - I pastori mongoli stanno sopportando mesi di freddo estremo, noto come “dzud”, che hanno già causato la morte di circa 4,7 milioni di animali che contribuiscono per gran parte all'economia di questa remota parte della Terra. La denuncia arriva dal Centro operativo di emergenza (EOC) della Mongolia. Secondo la Croce Rossa, almeno 2.250 famiglie che vivono di allevamento hanno perso più del 70% delle mandrie, poiché lo dzud di quest’anno ricopre i pascoli con neve profonda e ghiaccio. Si prevede che molti altri animali non saranno in grado di sopravvivere nelle prossime settimane. Circa il 30% dei 3,3 milioni di abitanti del paese sono pastori nomadi, ricorda Al Jazeera, e vivono in abitazioni conosciute come ger o yurte nelle vaste steppe del Paese. Olga Dzhumaeva, capo della delegazione dell'Asia orientale della Federazione internazionale della Croce Rossa (IFRC), ha affermato che i pastori stanno affrontando “la perdita del loro prezioso bestiame” che comporta “un'enorme pressione sulla salute mentale e fisica delle persone".
Le continue morti degli animali, la diminuzione delle risorse e il deterioramento delle condizioni di centinaia di migliaia di persone in Mongolia quest’inverno ricordano come ci sia l’urgente bisogno di assistenza
I mongoli sono abituati a sopportare il freddo, soprattutto durante i mesi invernali da dicembre a marzo, ma le temperature estreme che caratterizzano lo dzud (anche -50° sotto zero) creano una vera situazione di emergenza e disastro, non solo economico. A questo si sommano le bufere, le nevicate pesanti e il ghiaccio durissimo. Secondo le Nazioni Unite, questi fenomeni stanno già diventando più comuni a causa del cambiamento climatico. Questo è il sesto dzud che la Mongolia ha vissuto negli ultimi dieci anni, con i pastori che ancora faticano a riprendersi dopo il rigido inverno dello scorso anno che ha causato la morte di 4,4 milioni di animali 'da reddito'. A questo si aggiunge la profonda siccità dell'estate scorsa che ha fatto sì che molti animali non fossero in grado di accumulare sufficienti riserve di grasso in vista dei mesi più rigidi.
Il cambiamento climatico ha interrotto il ciclo delle quattro stagioni della Mongolia, portando a un aumento “delle ricorrenti siccità estive e dei successivi inverni rigidi” dal 2015, ha detto il mese scorso Tapan Mishra, il coordinatore delle Nazioni Unite a Ulan Bator. La perdita delle possibilità di pascolo per il bestiame ha fatto sì che i pastori abbiano già esaurito le loro scorte di fieno e foraggio, mesi prima del solito, spiega la Croce Rossa. Secondo i dati ufficiali, alla fine del 2023 la Mongolia contava circa 64,7 milioni di animali da reddito.
Secondo l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (FAO), la Mongolia è nota per le sue razze uniche di pecore, bovini, cavalli, capre, dromedari, cammelli della Battriana e yak. Tra queste figurano le pecore 'Bayad', che dopo secoli di allevamento selettivo riescono a sopportare anche le regioni più fredde della Mongolia e forniscono alle famiglie latte, lana e carne. Bolormaa Nordov, segretaria generale della Società mongola della Croce Rossa (MRCS), ha affermato di sperare che un nuovo appello della Croce Rossa possa aiutare a “minimizzare l’impatto dell’emergenza Dzud e sostenere le famiglie con soluzioni a lungo termine per la loro vita e il loro sostentamento”