AGI - Era l'ora di punta e i treni regionali entravano nella stazione madrilena di Atocha per riversare migliaia di pendolari. Quasi in simultanea dieci ordigni esplosero su quattro convogli. Fu il caos. Fu una strage. In 192 persero la vita quel giorno di 20 anni fa, perlopiù umili lavoratori immigrati e studenti, dilaniati dagli ordigni piazzati da una cellula di fondamentalisti islamici. In un primo tempo le autorità puntarono il dito contro i separatisti dell'Eta, di certo non nuovi ad attacchi dinamitardi, ma i baschi si affrettarono a smentire ogni responsabilità. E allora, complice il fatto che erano passati esattamente due anni e mezzo dall'11 settembre del 2001, fu facile giungere a un'altra conclusione.
La Spagna e l'Unione Europea rendono oggi omaggio alle 192 vittime degli attentati che segnarono l'inizio di un'ondata di attacchi islamici in Europa. Il re Filippo VI e la regina Letizia presiederanno la cerimonia ufficiale alle 12,15 nella Galleria delle Collezioni Reali, un museo vicino al palazzo.
Organizzata da Bruxelles, l'11 marzo è diventata ufficialmente la Giornata europea della memoria "per le vittime del terrorismo".
Un contesto tesissimo
Sebbene la Spagna abbia vissuto decenni di violenza per mano dei separatisti baschi, non era mai stata colpita da un attacco di tale portata, con tassisti e cittadini intervenuti per aiutare i servizi di emergenza a trasportare quasi 2.000 feriti in ospedale. Conosciuti come 11M - abbreviazione spagnola per 11 marzo - gli attacchi contro un treno alla stazione di Atocha e altri tre diretti lì, furono compiuti in un contesto politico tesissimo, pochi giorni prima delle elezioni generali del 14 marzo. All'epoca, il Partito Popolare (PP) del premier uscente Jose Maria Aznar era il favorito per sconfiggere l'opposizione socialista guidata da Jose Luis Zapatero.
Un anno prima, il governo di Aznar aveva deciso di unirsi all'invasione dell'Iraq guidata dagli Stati Uniti, nonostante la diffusa opposizione dell'opinione pubblica. E nei mesi successivi Bin Laden aveva minacciato attacchi di vendetta contro i Paesi che sostenevano l'invasione. Ciononostante, a poche ore dagli attacchi di Madrid, il governo di Aznar accusò pubblicamente l'Eta, solo per vedersi sbugiardato quasi in tempo reale dalle prove trovate in zaini e borse che contenevano altri tre ordigni rimasti inesplosi. La stessa Al-Qaeda rivendicò la responsabilità degli attacchi affermando che erano una risposta al coinvolgimento della Spagna nella guerra in Iraq.
Gli elettori punirono Aznar
Anche se i social media non esistevano ancora, i dubbi sulle spiegazioni del governo si diffusero rapidamente in tutta la Spagna e, durante le grandi manifestazioni del giorno successivo, la folla accusò il governo di mentire in un'epoca in cui la parola "disinformazione" esisteva a malapena. Il 14 marzo gli elettori consegnarono una clamorosa vittoria ai socialisti dell'opposizione e secondo gli analisti la disastrosa gestione degli attacchi da parte del governo giocò un ruolo chiave.
All'inizio di aprile, sette presunti membri della cellula jihadista coinvolta nella carneficina si fecero esplodere mentre la polizia circondava l'appartamento in cui si erano nascosti, nella periferia sud-occidentale di Madrid. Rimase ucciso anche un agente di polizia che in Spagna è considerata la 193esima vittima degli attentati.Dopo un'indagine durata tre anni, 29 sospettati, la stragrande maggioranza marocchini, finirono sotto processo all'inizio del 2007 e 18 furono condannati.
Vent'anni dopo, solo tre sono ancora in prigione: due marocchini condannati a quasi 43 mila anni ciascuno, e uno spagnolo, che fornì gli esplosivi condannato a quasi 35 mila anni. Tutti gli altri sono stati rilasciati dopo aver scontato la pena, la stragrande maggioranza di loro è stata espulsa o estradata, principalmente in Marocco.