AGI - "Veniamo qui tutti i giorni per chiedere che il governo ascolti tutte le voci, non solo quelle degli estremisti, per arrivare alla pace". Ha un sorrise dolce e una voce sottile ma decisa Manuela Rotstein, attivista di Women Wage Peace, mentre manifesta con un cartello in mano con scritto 'Nessun prezzo è troppo alto', un chiaro riferimento al negoziato per il rilascio dei sequestrati ancora in mano ad Hamas a Gaza.
Insieme ad altre donne si reca tutti i giorni a Hostage Square, come è stata ribattezzata la piazza antistante il Museo di Arte di Tel Aviv, diventata il 'quartier generale' dei familiari dei rapiti e dei loro sostenitori per chiedere il ritorno dei loro cari. In mezzo alla piazza campeggia una lunghissima tavola apparecchiata per Shabbat, drammaticamente vuota, mentre intorno le facce sorridenti degli ostaggi sui poster ricordano l'orrore che oltre un centinaio di sequestrati sta ancora vivendo.
Per rendere ancora più vivida l'idea, è stata allestita una riproduzione di un tunnel di Hamas, un 'mostro' di cemento armato come quelli che si dipanano sotto la Striscia di Gaza e dove si ritiene siano tenuti prigionieri.
Il pensiero corre a loro ma anche a chi in questo momento vive sotto le bombe israeliane nell'enclave palestinese: l'associazione Women Wafe Peace è in contatto con donne palestinesi a Gaza. "Anche loro stanno vivendo un dramma", sottolinea Rotstein, ricordando che "non bisogna perdere l’umanità', niente di buono ne può venire".