AGI - Meta, che possiede, tra le altre, Facebook e Instagram, sta riflettendo, con numerose discussioni interne, sulla possibile moderazione del termine "sionista" all'interno delle sue piattaforme, dato che il conflitto a Gaza sta alimentando sempre più i discorsi di odio online, compreso l'antisemitismo. "Data la crescente polarizzazione del discorso pubblico a causa degli eventi in Medio Oriente, riteniamo importante valutare le nostre linee guida per l'esame dei messaggi che utilizzano il termine 'sionista'", ha dichiarato venerdì un portavoce di Meta, interpellato dopo un articolo del Washington Post sull'argomento.
Il portavoce ha precisato che il gigante dei social network "non consente agli utenti di attaccare altre persone sulla base di elementi della loro identità, come la nazionalità o la religione", sottolineando però le difficoltà presentate dal termine "sionista". Il termine "spesso si riferisce all'ideologia di una persona" ma "può anche essere usato per indicare ebrei o israeliani".
Il gruppo californiano sta quindi cercando di affinare il suo approccio e di trovare dei compromessi. Per il momento, le regole che governano le sue piattaforme consentono l'uso del termine "sionista" per criticare un'ideologia, ma vietano i messaggi che contengono questa parola per riferirsi a ebrei o israeliani e attaccarli in modo disumanizzante o violento.
Il conflitto tra Israele e Hamas a Gaza ha suscitato forti dichiarazioni in tutto il mondo occidentale e numerosi attacchi sui social network. Associazioni e ricercatori hanno notato un forte aumento di contenuti islamofobici e antisemiti sulle principali piattaforme, in particolare X. Tuttavia, Amnesty International ha invitato Meta a non "vietare le critiche al 'sionismo' o ai 'sionisti' in generale", per non "soffocare le voci che si levano contro la sistematica violazione dei diritti dei palestinesi da parte del governo israeliano".