AGI - È una sconfitta senza peso elettorale, ma di forte impatto simbolico: l'opzione "nessuno di questi candidati" ha battuto Nikki Haley nelle primarie presidenziali repubblicane in Nevada. Un risultato imbarazzante per l'ex ambasciatore Usa alle Nazioni Unite che era l'unica candidata di peso al ballottaggio in uno stato in cui il processo per la selezione del candidato alla Casa Bianca è stato complicato da una distinzione tra meccanismo 'statale' e 'di partito'.
In buona sostanza, chi è andato a votare per le primarie in Nevada si è trovato davanti a una scheda con sette opzioni: da una parte Haley in competizione con altri 6 candidati pressoché irrilevanti e dall'altra 'nessuno di questi'. E 'nessuno' ha vinto doppiando i voti ottenuti da Haley. Per la cronaca, l'ex vicepresidente e ora acerrimo avversario di Trump, Mike Pence, ha ottenuto il 4%. La corsa è sostanzialmente priva di significato nel processo di nomina del candidato repubblicano al voto di novembre, dato che il grande evento per i repubblicani è giovedì, quando il GOP terrà un caucus che determinerà i delegati effettivi inviati alla convention nazionale.
Ed è su questo appuntamento che Trump ha deciso di concentrarsi, tanto che il suo nome nemmeno compariva nelle schede delle primarie. La stessa Haley non ha fatto grandi sforzi per fare campagna in Nevada, dicendo che il procedimento era "truccato" a favore di Trump. Forse a causa della confusione degli elettori riguardo alle doppie elezioni e della disponibilità di opzioni di voto anticipato e per posta durante le primarie, l'affluenza alle urne di persona è stata bassa: circa 15.700 persone contro le 151.000 che hanno votato in anticipo.
Tuttavia non esisteva un precedente con cui fare il raffronto dato che queste erano le prime primarie presidenziali del Nevada dopo decenni di caucus. Nello stato si e' votato nel 2021 per cambiare il modo in cui gli elettori scelgono i loro candidati alla presidenza, in base alla convinzione che il formato delle primarie sia più accessibile. Il risultato è stato che, ad esempio, nella zona est di Las Vegas, in un seggio elettorale di una scuola superiore gestito da 15 operatori si sono presentate solo 23 persone per votare.
Ma per Haley, ultimo grande contendente in corsa contro Trump alle primarie repubblicane, è stato lo stesso un duro colpo e motivo di imbarazzo. I vertici della campagna di Trump ne hanno subito approfittato, sostenendo che l'impegno dell'ex ambasciatrice alle primarie faceva parte di quello che Chris LaCivita, uno dei principali consiglieri di Trump, ha definito il "tour delirante". Anche i democratici si sono affrettati a prendere in giro Haley, con David Axelrod, l'ex consigliere di Barack Obama, che ha chiesto se Haley "si rammarica di non aver avuto occasione di confronto con 'Nessuno di questi candidati'", un riferimento al rifiuto di Trump di affrontarla in un dibattito pubblico.
I sostenitori di Trump in Nevada avevano incoraggiato i repubblicani a votare per l'opzione "nessuno di questi candidati", ma l'ex presidente ha deciso di non intromettersi nelle primarie, esortando invece i suoi a concentrarsi sui caucus. Al livello locale, il Gop non permette ai candidati che hanno partecipato alle primarie gestite dallo stato di candidarsi anche al caucus gestito dal partito, quindi la campagna di Haley ha effettivamente ignorato il Nevada e ha scelto di impegnare la settimana nel suo stato natale, la Carolina del Sud, in vista delle primarie del 24 febbraio.
Oltre a fare il giro tra le ricche enclavi della California per raccogliere fondi in vista delle primarie del Super Tuesday del 5 marzo. Nel caucus di giovedì, ci si aspetta che Trump schiaccerà il suo unico avversario, l'imprenditore e pastore Ryan Binkley, per poi concentrarsi nella corsa a due con Haley in Carolina del Sud.