AGI - Il Pakistan, Paese che conta ben 250 milioni di abitanti, andrà alle urne giovedì prossimo 8 febbraio, per eleggere la composizione del governo e dell'Assemblea Nazionale. Un voto importante, non solo perché arriva in un momento delicato per l'intero mondo islamico, ma anche per le due recenti condanne inflitte all'ex primo ministro, nonché leggenda del cricket pakistano, Imran Khan. Colpito da un voto di sfiducia nel 2022, Khan ha lasciato l'incarico e il partito da lui fondato, Tehreek-e-Insaf (PTI), ha subito diversi colpi da parte della magistratura che contribuiscono a creare un clima di incertezza in vista della prossime elezioni. Il panorama politico in vista delle elezioni è composto da partiti che hanno occupato gli scranni del governo in passato e movimenti politici minori, che tuttavia possono contare su un serbatoio di consenso su base etnica o territoriale. Una situazione che è lo specchio di un Paese enorme, variegato e complicato. Uno dei principali partiti in corsa è il Pakistan Muslim League-Nawaz (PMLN), un movimento guidato dall'ex premier Nawaz Sharif che ha ottenuto la maggioranza nelle elezioni del 2013 per la terza volta.
Sullo stesso Sharif ora pesano le incognite dell'età, ha 74 anni, ma anche le accuse di corruzione che lo hanno costretto a lasciare l'incarico nel 2017. Condannato a 10 anni, non ha preso parte alle elezioni del 2018. Nel 2022, in seguito alle dimissioni di Imran Khan fu Shebaz Sharif, fratello di Nawaz, a prendere le redini del nuovo governo dopo essere stato l'uomo forte del partito nella regione del Punjab, roccaforte della famiglia Sharif. Una famiglia che in politica ha guadagnato voti grazie alla costruzione di infrastrutture, ma ha poi perso consensi a causa di inflazione e accuse di corruzione. Nawaz Sharif è tornato in Pakistan lo scorso ottobre dopo 4 anni di esilio volontario in Gran Bretagna e può contare su un forte sostegno popolare, i voti del Punjab, ma anche sul possibile, secondo gli analisti, appoggio del potente esercito pakistano.
I movimenti affiliati al partito PTI di Imran Khan sono comunque in corsa. Il leader dal carcere ha iniziato una battaglia contro il sistema giudiziario e l'esercito che tiene vive le speranze di coloro che sono rimasti al fianco dell'ex premier e campione di cricket. Una battaglia che, fuori dal carcere, è combattuta da Gohar Ali Khan, un segretario che ha portato il partito su posizioni più conservatrici. Imran Khan ha vinto le elezioni nel 2018 anche grazie all'esercito, che gli ha poi voltato le spalle spianando la strada al voto di sfiducia che lo ha costretto alle dimissioni. Un evento senza prevedenti nella storia del Paese che ha scatenato la rabbia di Imran, che ha accusato Stati Uniti ed esercito di cospirare contro di lui. Dopo le dimissioni Imran ha indetto manifestazioni e chiesto elezioni anticipate. La situazione è però precipitata con l'arresto dell'ex premier lo scorso maggio, evento in seguito al quale sono seguite proteste e una violenta repressione.
A peggiorare il quadro le due condanne a 10 e 14 anni inflitte nei giorni scorsi. Imran Khan ha attualmente 150 procedimenti a proprio carico e centinaia di quadri del partito sono stati costretti a lasciare PTI. Il partito è inoltre costretto a correre come indipendente, ma può ancora contare su un forte sostegno popolare. Altro partito in corsa è il partito del popolo del Pakistan (PPP). Movimento di centro sinistra guidato da Bilawal Bhutto Zardari e dal padre Asif Ali. PPP ha una lunga storia di rapporti con il potere. Fondato dal nonno di Bilawal, l'ex premier Zulfikar Ali Bhutto, poi guidato dalla madre Benazir, primo ministro due volte. Un'eredità pesante per Zardari, appena 35 anni e già ministro degli Esteri nel 2022. La giovane età potrebbe però giocare a suo favore in un Paese dall'età media di appena 20 anni, politicamente dominato da settantenni negli ultimi mandati.
Sulla dinastia Bhutto pesa però la pessima gestione degli alluvioni del 2022, che ha devastato la provincia di Sindh, tradizionale roccaforte della famiglia. Una macchia che ha spinto i Bhutto a puntare forte su una campagna elettorale incentrata sui giovani e sulla lotta al cambiamento climatico. A rappresentare la forte componente Pashtun del Paese sarà il partito Nazionale Awami (ANP). Forte dei voti della provincia Khyber Pakhtunkwa, situata nel nord est, l'obiettivo del movimento è prendere il potere in quella zona sottraendolo a PTI. Guidato da Asfandyar Wali Khan e di ispirazione progressista, il partito è stato indebolito da accuse di corruzione che lo hanno tenuto fuori dai giochi per 20 anni.
Il movimento Muttahida Qaumi (MQM) è stato per anni la principale forza politica a Karachi, la più grande città e centro economico del Pakistan. Un partito che ha preso parte spesso in coalizioni al governo, anche nel 2018, salvo poi optare per il voto di sfiducia nei confronti di Imran Khan. Nel 2016 una frattura ha spaccato il movimento in due, una sezione londinese e una in Pakistan. Tuttavia il partito ha mostrato di sapersi ricompattare e sapersi sedere al tavolo delle trattative in più occasioni. La roccaforte è Karachi, ma la partita con PTI è aperta anche nella regione di Sindh, dove le aspettative sono alte grazie a liste piene di candidati giovani e agguerriti. Un antagonista diretto di questi ultimi sarà Jamaat-e-Islami (JI). Guidato dal leader Siraj ul Haq è uno dei più vecchi partiti del Paese. Conservatori vicini a PTI, con un programma incentrato sulla religione, possono contare su un grande apparato, ma sono reduci da risultati deludenti che lo hanno estromesso per 20 anni dai giochi. Ultimo successo nel 2002, sotto la presidenza, ottenuta da un colpo di Stato, dell'ex capo dell'esercito Pervez Musharraf. JI punta in particolare alla regione di Khyber, dove a guidare la campagna sarà il giovane Hafiz Naeem. Un partito religioso, reduce da un buon risultato nelle elezioni locali di Karachi che ora punta a ottenere voti con una agenda politica piu' moderata.
Altro partito religioso è Jamiat-e-Ulema Islam (JUI-F), un competitor di PTI e JI nella regione del Khyber. Una presenza forte e radicata, soprattutto in ambienti religiosi e conservatori da cui punta a ottenere voti. Un altro partito che potrebbe avere un peso nella formazione di una coalizione di governo. A rappresentare la minoranza Baluchi, abitanti della vasta regione di confine con l'Iran recentemente teatro di uno scambio di razzi con Teheran, sarà il partito Balochistan Awami (BAP). Fondato solo nel 2018, può contare sull'attivismo e le capacità del proprio leader, fondatore e attuale premier ad interim, Anwaar-ul-Haq. A lui spetterà il compito di compattare un movimento nato da una, fragile, alleanza tra clan del Baluchistan. BAP ha sostenuto PTI nel governo formato nel 2018. Il partito punta ad almeno 10 seggi del Baluchistan e può diventare un ago della bilancia nella formazione del nuovo governo.