AGI - A 30 anni dalla loro scomparsa in mare, a Nizza sono stati rinvenuti a 120 metri di profondità i corpi di due subacquei, riportati a galla dalla gendarmeria nazionale con l'aiuto di un robot. La notizia è riferita dal quotidiano 'Nice Matin', che attribuisce il rinvenimento a sommozzatori esperti equipaggiati con nuove tecnologie per esplorazioni in profondità.
Ora i corpi devono essere identificati e l'analisi del Dna eseguita, mentre il procuratore della Repubblica ha aperto un'indagine per determinare le cause della morte. L'incidente è stato sempre attribuito a una pressione importante e a forti correnti marittime oltre alla profondità della faglia. Tuttavia, secondo fonti concordanti, le due vittime sono senza ombra di dubbio Christian e Daniel, 38 e 40 anni, di cui si erano perse le tracce il 3 dicembre 1993, giorno in cui si erano imbarcati sulla nave Poseidone per esplorare i fondali marini al largo di Nizza, ma non tornarono più.
Si salvò il loro compagno d'avventura, il 22enne Philippe, non senza danni gravi essendo risalito senza rispettare le necessarie soglie di decompressione. Il luogo dell'esplorazione finita male è considerato mitico per i subacquei agguerriti, affascinante quanto pericoloso. Le possibilità di ritrovare i due all'epoca sembravano remote e gli sforzi della Socièté nationale de sauvetage en mer (Società nazionale di salvataggio in mare) furono vani.
Trent'anni dopo è avvenuto invece quello che in molti considerano un "miracolo". 'Nice Matin' ricorda che negli anni '90 un'immersione al di sotto dei 60 metri era irragionevole. Oggi questo limite viene regolarmente superato grazie alle miscele di gas povere di azoto e a un netto miglioramento delle attrezzature subacquee, che ha permesso agli appassionati di ritrovare le tracce dei due dispersi.
Secondo la ricostruzione dei fatti diffusa dai media, qualche settimana fa un subacqueo stava risalendo da un'immersione in profondità quando per caso ha visto, a 103 metri, una muta e una bombola.
Una volta in superficie, il sub ha allertato la gendarmeria marittima. L'unità specializzata ha allora deciso di ricorrere a un robot del Centro esperto di immersioni umane e intervento sottomarino: un'attrezzatura da due tonnellate della Marina francese in grado di lavorare fino a meno di 2mila metri. Il Jason, un rimorchiatore con base a Tolone, è arrivato al Capo di Nizza.
Tre operatori hanno guidato il robot alla ricerca di colui che è stato poi individuato come il subacqueo scomparso 30 anni fa. Si è trattato di un intervento complesso anche perché il dispositivo non ha visibilità a più di 5 metri. Ci sono volute sei ore prima di localizzare i resti a 103 metri, accanto a un giubbotto stabilizzatore, pinne, bottiglie, il tutto adagiato sul fondo, in parte ricoperto di limo.
A distanza di qualche giorno, nel corso di una seconda operazione di recupero del corpo e del materiale, il robot è sceso a 113 metri. In quell'occasione gli operatori hanno fatto la scoperta del secondo corpo senza vita, che si trovava qualche metro più in basso.