AGI - La stagione delle elezioni chiave del 2024 si apre con le legislative in Bangladesh il 7 gennaio, un voto boicottato dall'opposizione per le mancate condizioni di trasparenza ed equità, che vedrà la riconferma della premier uscente Sheikh Hasina a un quarto mandato. Circa 120 milioni di bengalesi sono attesi alle urne per eleggere i deputati che successivamente sceglieranno il primo ministro, ma l'esito del voto appare scontato e viene denunciato dall'opposizione come "una farsa".
In carica dal 2009 la premier Hasina, soprannominata "iron lady", e il suo partito dell'Awami League (Al) hanno rafforzato il controllo su quanti contestano il potere. In tutto 10 mila esponenti dell'opposizione sono finiti in manette di recente, tra cui Mirza Fakhrul Islam Alamgir, segretario generale del Bangladesh Nationalist Party (Bnp), la principale formazione di opposizione che da mesi organizza manifestazioni e blocchi.
Rimarrà fuori anche l'altra forza di opposizione, la Jamaat-e-Islami (Jamaat). Human Rights Watch ha denunciato una "violenta repressione autocratica", mentre le autorità giustificano questo giro di vite per difendersi dai partiti dell'opposizione che organizzano rivolte.
Al rifiuto di Hasina di nominare un governo ad interim per un voto equo e trasparente, il Bnp ha deciso il boicottaggio del voto, come già successo alle ultime tre elezioni generali. Un metodo valutato come incostituzionale dalla Corte suprema. Oltretutto sono stati messi fuori gioco i due principali leader del Bnp, condannati a pesanti pene detentive. L'ex premier 78enne Khaleda Zia, malata, è in regime di residenza sorvegliata, mentre il figlio, Tarique Rahman, è in esilio a Londra dopo la condanna per un suo presunto coinvolgimento in un attacco in cui Hasina - che gode del 70% di popolarità - rimase ferita nel 2004.
Secondo detrattori e fonti concordanti, la Lega Awami avrebbe incaricato diverse centinaia di suoi membri di presentarsi come candidati "indipendenti" contro i candidati ufficiali. L'obiettivo è quello di evitare lo scenario del 2014, quando il partito di Sheikh Hasina ottenne 153 seggi, senza alcun avversario credibile di fronte. Le donne rappresentano il 50% dell'elettorato e i nuovi votanti domenica saranno 15 milioni. In lizza per i 300 seggi parlamentari ci sono 1.896 candidati, ma solo il 5,1% è di sesso femminile. Il voto si svolgerà tra ingenti misure di sicurezza: quasi 750 mila poliziotti, paramilitari e ausiliari di polizia piantoneranno i seggi. In tutto 127 osservatori stranieri monitoreranno le elezioni per valutarne l'equità, mentre sono stati accreditati 59 giornalisti stranieri.
Lo spoglio inizierà poco dopo la fine del voto, alle ore 16, e i primi risultati sono attesi l'8 gennaio. Ad Hasina è stato riconosciuto il merito di avere rilanciato un'economia da 416 miliardi di dollari e la sua massiccia industria dell'abbigliamento, oltre agli elogi internazionali per aver dato rifugio a quasi un milione di musulmani Rohingya in fuga dalle persecuzioni nel vicino Myanmar. Tuttavia negli ultimi mesi il Bangladesh è stato scosso da violente proteste per l'aumento del costo della vita, in particolare le importazioni di energia, oltre all'esaurimento delle riserve in dollari e l'indebolimento della valuta nazionale.
Il mese scorso il Fondo monetario internazionale ha autorizzato la prima revisione del pacchetto di salvataggio da 4,7 miliardi di dollari del Bangladesh, fornendo accesso immediato a circa 468,3 milioni di dollari e mettendo a disposizione 221,5 milioni di dollari per il suo programma di lotta al cambiamento climatico. Anche questa volta il voto in Bangladesh polarizza l'attenzione della comunità internazionale, di cui una parte esprime crescenti dubbi sulla figura della 76enne Hasina.
Da un lato la Cina ha individuato delle opportunità nel mantenimento al potere della Lega Awami, oltre a forti spinte strategiche a trasformare il Bangladesh in uno stato fortemente dipendente da Pechino. Uno status quo favorirebbe l'accesso a rotte marittime e infrastrutture regionali cruciali. Dall'altro la metamorfosi del partito al potere a Dacca - in origine formato da leader borghesi, laici e filo-indiani, legati allo spirito della lotta di liberazione del 1971 - in forza sostenuta sempre più dalla Cina è motivo di crescente preoccupazione sia del vicino indiano che degli Stati Uniti, con Washington che fa leva sul tema della violazione dei diritti umani.
"Queste elezioni sono una farsa. è una parodia della democrazia, o meglio di quel che ne resta", ha detto Michael Kugelman, direttore degli studi sull'Asia meridionale del Wilson Center. Il boicottaggio del Bnp sta rendendo "un grande servizio alla Awami League", in quanto "non c'è bisogno di riempire le urne quando non c'è un avversario", ha dichiarato ad Al Jazeera l'attivista Shahidul Alam.