AGI - L'Egitto continua a dialogare con esponenti di Hamas e gli alleati del gruppo Jihad Islamica. Sono due le proposte egiziane presentate negli ultimi giorni, con l'obiettivo di giungere a un cessate il fuoco permanente con Israele. Il governo egiziano tenta di sfruttare i propri canali privilegiati con i gruppi palestinesi non solo per cercare una soluzione alla crisi in corso, ma anche per evitare l'esodo di massa verso i propri confini dei civili di Gaza.
La prima proposta prevedeva che Hamas rinunciasse al controllo della Striscia di Gaza in cambio di un cessate il fuoco permanente. Secondo fonti egiziane citate da Middle East Monitor, la proposta sarebbe stata respinta da Hamas, che insiste che solo i palestinesi possono decidere del futuro della Striscia. Il fallimento di questo tentativo ha reso necessaria una seconda proposta egiziana, più articolata, che prevede un cessate il fuoco graduale, da raggiungere attraverso tre diverse fasi.
Il primo step prevede una tregua di due settimane che le parti possono rinnovare; in questa fase Hamas si impegnerebbe a liberare donne, anziani e minori ancora tenuti in ostaggio, in cambio Israele rilascerebbe un numero di prigionieri, donne e bambini, da stabilire, ma sopratutto permetterebbe il rientro dei civili nella parte nord di Gaza.
Lo Stato ebraico allontanerebbe i carri armati e farebbe entrare convogli di aiuti umanitari nell'area. Nella seconda fase Hamas si impegnerebbe a liberare tutte le donne soldato israeliane tenute in ostaggio. Israele, allo stesso tempo, rilascerebbe altri prigionieri palestinesi. In questa fase è previsto anche lo scambio dei cadaveri rimasti nelle mani delle due parti dallo scorso 7 ottobre, data di inizio delle ostilità.
Durante la terza fase, che si prevede duri un mese, Hamas consegnerebbe tutti gli ostaggi rimasti nelle proprie mani in cambio di altri prigionieri palestinesi. Lo Stato ebraico farebbe rientrare i propri carri armati e le ostilità avrebbero fine. L'Egitto propone che l'amministrazione di Gaza passi in mano a un governo tecnico, capace di gestire la distribuzione degli aiuti umanitari, far partire la ricostruzione e traghettare la Striscia nuove elezioni.