AGI - A circa 24 ore dal termine della 28ma Conferenza delle parti sul clima (Cop28) a Dubai, è cruciale per il successo del vertice e il futuro del pianeta l'impegno che la Cina intende prendere sull'uscita progressiva dalle energie fossili. Il quotidiano francese Le Monde ricorda che da sola la Cina, seconda economia al mondo e leader del gruppo dei Paesi in via di sviluppo (G77), è responsabile del 31% delle emissioni di gas ad effetto serra, motivo per cui la sua posizione è centrale, quanto quella dell'Unione europea e degli Stati Uniti. Al momento il 60% della produzione di elettricita' della Cina dipende del carbone.
"È un partner essenziale e senza la Cina non si troverà alcun accordo", ha riconosciuto lo stesso ministro francese per la transizione energetica, Agnes Pannier-Runnacher. Un segnale incoraggiante in queste ultime ore concitate è arrivato dagli stessi emissari cinesi, in particolare da quello principale, Xie Zhenhua.
Se non si sono affacciati nei saloni del Dubai Exhibition Center, da dietro le quinte, dove proseguono serrate trattative, non hanno espresso una loro opposizione all'uscita progressiva dai fossili, ma sono attenti al riconoscimento a ogni Stato di una grande libertà sui tempi di attuazione. Rassicuranti le ultime dichiarazioni del veterano della diplomazia climatica di Pechino che ha confermato "i progressi compiuti in materia di uscita dalle fonti fossili", da lui definito "un problema da risolvere per la riuscita della Cop28".
Ruolo e dubbi di Pechino
Per Xie Zhenhua la linea della Cina sarà fondamentale anche per trascinare con sé altri governi di Paesi in via di sviluppo e fare passi avanti decisivi nella lotta al riscaldamento globale, sottolineando che "bisogna trovare un linguaggio che risponda alle necessità di tutte le parti". Un messaggio indirizzato ai leader delle nazioni più ricche affinché quelle meno avanzate usufruiscano degli aiuti necessari.
È altrettanto determinante la posizione dell'asse Washington-Pechino: il mese scorso a Sunnylands (California) - in un incontro tra Xie Zhenhua e John Kerry, inviato Usa per il clima - ha espresso un parere concordante sul necessario sviluppo di energie rinnovabili per "accelerare la sostituzione alla produzione di carbone, petrolio e gas".
Una formula che lascia presagire un'intesa finale tra le due potenze, anche se finora a Dubai le delegazioni non sono ancora giunte a una linea comune definitiva sui termini dell'accordo, almeno fino a ieri sera. La speranza è che si ripeta l'intesa che nel 2015 aveva permesso di finalizzare l'accordo globale di Parigi (Cop21).
Oltre al criterio della libertà sul ritmo di uscita, Pechino ha espresso riserve in particolare sulla futura tassa sul carbonio ai confini dell'Unione europea, che penalizzerebbe le sue esportazioni. Sulla questione della carbon tax la Cina gode del sostegno di Paesi africani e di nazioni emergenti come il Brasile. Il carbone, sul quale Usa e Europa insistono in particolar modo, potrebbe rappresentare un altro punto di bloccaggio nei negoziati.
Le questioni tecnologiche
Un altro nodo da sciogliere riguarda le soluzioni tecnologiche, sulle quali Pechino ha una linea prudente, del resto come Bruxelles. Quella più in vista è la cattura e lo stoccaggio del carbone, ma la Cina non dispone di molti siti propizi all'installazione di questa tecnologia.
"Pechino ha un approccio iperrealistico ai negoziati. Se qualcosa non è immediatamente redditizio o efficiente, i cinesi non lo prendono in considerazione nell'equazione, come nel caso della cattura e dello stoccaggio del carbonio", ha valutato Li Shuo, di Greenpeace.
Al contrario, in apertura della Cop28, è stato facile raggiungere un'intesa sul triplicare delle energie rinnovabili nel 2030 poiché Pechino è già un grande produttore su scala mondiale. La Cina punta allo sviluppo ulteriore di questo settore, con la previsione del picco delle emissioni prima del 2030 e la neutralità del carbonio nel 2060, anche se gli ultimi dati del Global Carbon Budget.
Tuttavia un rapporto del collettivo Global Carbon Project, che riunisce 121 scienziati e 95 organizzazioni, pubblicato il 5 dicembre, non mostra al momento alcun cambiamento e prevede per il 2023 una crescita delle emissioni del 4% nel 2023.