AGI - Nelle sale del Cremlino, su richiesta dei militari, in tempo di guerra, Vladimir Putin ha confermato che si candiderà di nuovo alla presidenza nelle elezioni del prossimo marzo. Il leader 71enne si avvia, senza grandi rischi, al suo quinto mandato, dopo essere arrivato al Cremlino nel 2000.
La sua (scontata, salvo imprevisti) rielezione lo manterrebbe al potere almeno fino al 2030 con la possibilità di ricandidarsi fino al 2036. È già rimasto presidente più a lungo di qualsiasi altro capo del Cremlino dai tempi di Stalin, superando addirittura i 18 anni di governo del leader sovietico Leonid Brezhnev.
Apparentemente l'annuncio è stato casuale, come ha raccontato alla stampa il portavoce del presidente, Dmitri Peskov. Dopo aver conferito decorazioni ad alcuni soldati che hanno combattuto nella guerra in Ucraina, il tenente colonnello di Donetsk, Artyom Zhoga, gli ha chiesto se si sarebbe ricandidato.
Un video diffuso poi dal Cremlino mostra il momento del dialogo tra i due: "Al fronte tutti sono preoccupati e si chiedono se si ricandiderà", gli dice Zhoga. "Capisco che oggi è impossibile fare diversamente. Mi candiderò alle elezioni presidenziali in Russia", gli risponde Putin.
La campagna elettorale di Putin è iniziata de facto, ma de jure ancora deve essere registrato come candidato, ha spiegato il suo portavoce. La sua candidatura - che ci si aspettava sarebbe arrivata entro metà dicembre - viene così presentata come risposta alle richieste dei militari al fronte.
"L'annuncio della candidatura è piena di simboli", ha fatto notare l'analista Tatiana Stanovaya, "gli eroi del Donbass vogliono vederlo presidente, Putin ha scelto la guerra e la guerra sceglie Putin. Si tratta di sopravvivenza".
Il presidente russo vive un momento particolarmente favorevole: per ora, la prima linea dell'esercito di Mosca ha in gran parte respinto la controffensiva ucraina e il Paese sta reindirizzando la propria economia per affrontare una lunga guerra. Le entrate dalla vendita di risorse energetiche si sono riprese, nonostante le sanzioni occidentali, e Putin può affrontare con fiducia le elezioni dopo aver aumentato le spese militari e aver visto gli Stati Uniti vacillare nel loro sostegno a Kiev.
Ieri, il Consiglio della Federazione (il Senato russo) ha fissato le presidenziali al 17 marzo 2024: per la prima volta, saranno spalmate su tre giorni (inizieranno il 15 marzo) e si svolgeranno anche in quelli che la Russia chiama i suoi "nuovi territori", ovvero le regioni parzialmente occupate dell'Ucraina che Mosca sostiene di aver annesso l'anno scorso.
Secondo i sondaggi, Putin ha un indice di gradimento superiore all'80 per cento. Dall'inizio della guerra, il suo regime ha represso ogni voce di dissenso rimasta nel Paese, mentre si stima siano circa un milione i russi emigrati all'estero, tra cui molti oppositori e giornalisti indipendenti. Le Ong vengono bollate "agenti stranieri" e spesso costrette a chiudere, mentre si rafforza la propaganda dei valori tradizionali, promossa in sintonia con il Patriarcato di Mosca, e che come ultima iniziativa ha varato il bando del "movimento internazionale Lgbt".
La guerra in Ucraina, giunta al suo 22esimo mese, incombe con forza sulle presidenziali del 2024, poichè Putin considera l'invasione come parte di una lotta più ampia contro l'Occidente.
Il meccanismo politico russo è tale che nessun altro grande partito ha osato presentare un candidato, aspettando che Putin facesse il primo passo.
La squadra dell'oppositore incarcerato Aleksei Navalny ha proposto di votare per qualsiasi candidato diverso da Putin. Un gruppo di suoi seguaci è riuscito ad appendere nelle città russe degli striscioni che rimandavano al sito "Russia senza Putin", annunci che sono stati presto rimossi. Il team di Navalny ha affermato che la consultazione di marzo sarà "una parodia della procedura elettorale" con i risultati "come al solito, falsificati".