AGI - Il ministero degli Esteri, con una lettera inviata nei giorni scorsi all'ambasciata della Repubblica Popolare Cinese, ha comunicato che l'Italia non estenderà la durata del memorandum sulla Via della Seta. Nessun commento da Palazzo Chigi, mentre, al question time, il ministro degli Esteri e vice premier Antonio Tajani, ha precisato: "A settembre in Cina ho sottolineato la volontà del governo di rilanciare il partenariato strategico, indipendentemente dalla nostra partecipazione alla Via della Seta".
Per il senatore della Lega Marco Dreosto, segretario dell'Ufficio di presidenza in commissione Esteri e Difesa di Palazzo Madama, "con l'uscita ufficiale dalla Via della Seta, l'Italia riconferma il proprio collocamento geopolitico che sta saldamente con l'Occidente e all'interno del sistema delle alleanze tradizionali. La Cina rimane un partner commerciale ma allo stesso tempo era necessario respingere al mittente le mire geopolitiche di Pechino nei confronti del nostro Paese. In un contesto internazionale profondamente mutato in seguito all'aggressione russa in Ucraina, si può osservare come vi sia un allineamento tra potenze autocratiche - Russia, Cina e Iran - che sfidano l'Occidente".
Non la pensa allo stesso modo Gianni Alemanno, segretario di 'Indipendenza', la sua nuova creatura politica: "Abbiamo appreso che il governo italiano, in gran segreto e senza nessun dibattito parlamentare, ha portato a compimento la sua intenzione di uscire dalla Via della Seta, stracciando il memorandum sottoscritto quattro anni fa con la Cina. E' una follia il cui conto sarà pagato dalle piccole e medie imprese italiane, che non avranno più nessuna copertura politica per la loro attività con la Cina e verso la Cina". Parla, infine, di "decisione sacrosanta" il leader di Azione Carlo Calenda: "Avere buoni rapporti con la Cina e diventarne una pedina in Ue sono cose molto diverse".