AGI - Meta ha sviluppato tecnologie per spingere i minori a trascorrere più tempo possibile sulle sue reti sociali, sfruttando così "il dolore dei bambini". È sulla base di questa accusa che oltre quaranta Stati degli Usa hanno avviato un procedimento legale contro la società proprietaria di Facebook e Instagram, ritenuta responsabile di danneggiare deliberatamente la "salute mentale e fisica dei giovani".
"Meta ha sfruttato tecnologie potenti e senza precedenti per attrarre e infine intrappolare giovani e adolescenti al fine di ottenere un profitto", affermano i procuratori generali nella denuncia depositata presso un tribunale californiano. Gli Stati, sia democratici che repubblicani, sostengono che la compagnia di Menlo Park abbia "nascosto il modo in cui queste piattaforme sfruttano e manipolano i consumatori più vulnerabili" e "trascurato i notevoli danni" causati alla "salute mentale e fisica dei giovani della nostra nazione".
Due anni di indagini
L'azione legale è il culmine di due anni di indagini sui metodi utilizzati dalle due piattaforme. Contattata da France Presse, Meta si è detta "delusa dal fatto che i procuratori generali abbiano scelto questa strada invece di lavorare in modo produttivo con l'industria per creare standard chiari e adeguati all'età per le numerose app utilizzate dagli adolescenti".
Meta ha sfruttato i giovani utenti creando un modello di business progettato per massimizzare il tempo che trascorrono sulla piattaforma nonostante l'impatto negativo sul loro benessere psicofisico, sostiene il documento legale. "I bambini e gli adolescenti soffrono di livelli record di cattiva salute mentale e la colpa è delle società di social media come Meta", ha affermato il procuratore generale di New York, Letitia James, nel comunicato con il quale è stata annunciata la causa.
"Una crisi nazionale di salute mentale"
"Meta ha tratto profitto dal dolore dei bambini progettando intenzionalmente le sue piattaforme con caratteristiche manipolative che rendono i bambini dipendenti dalle sue piattaforme abbassando la loro autostima", ha aggunto James.
Il documento accusa Meta di condotta ingannevole e illegale e di danneggiare i giovani vulnerabili a scopo di lucro. La causa sollecita la corte federale a ordinare a Meta di fermare le tattiche manipolative e di pagare pesanti sanzioni finanziarie e risarcimenti. "Le società di social media, inclusa Meta, hanno contribuito a una crisi nazionale di salute mentale giovanile e devono essere ritenute responsabili", ha affermato il magistrato.
Il "Surgeon general" Vivek Murthy, il massimo funzionario statunitense responsabile della salute pubblica, all'inizio dell'anno aveva domandato un'iniziativa per garantire che le reti sociali non danneggiassero i giovani utenti. "Siamo nel mezzo di una crisi nazionale di salute mentale giovanile e sono preoccupato che i social media siano un motore importante di questa crisi, una crisi che dobbiamo affrontare con urgenza", aveva affermato Murthy in una nota ufficiale.
Alcuni Stati hanno già approvato leggi che vietano ai social media di consentire l'accesso ai minori senza il permesso dei genitori.
La replica dell'azienda
Meta sostiene di aver sviluppato più di 30 strumenti nelle sue app per supportare gli utenti adolescenti e rendere più semplice per i genitori "dare forma" all'attività online. Secondo il colosso della Silicon Valley, è "deludente" che i procuratori generali abbiano puntato il dito su Meta invece di cercare soluzioni settoriali, data la popolarità di rivali tra cui TikTok, YouTube e Snap. Anzi, sostiene Meta, i social media possono anche essere un luogo in cui i giovani trovano una comunità che li sostiene nell'affrontare i loro problemi.
Il procuratore generale della California, Rob Bonta, ha spiegato che le denunce sono il risultato di un'indagine a livello nazionale annunciata nel novembre del 2021. "La nostra indagine bipartisan è giunta a una conclusione solenne: Meta ha danneggiato i nostri bambini e adolescenti, coltivando la dipendenza per aumentare i profitti aziendali", ha dichiarato Bonta, "con la causa di oggi, stiamo tracciando il limite."
Le rivelazioni di Frances Haugen
L'indagine è stata avviata dopo che, nel settembre 2021, una dipendente di Facebook, Frances Haugen, aveva consegnato ai media più di 20.000 pagine di documenti interni. I cosiddetti "Facebook files" avevano sollevato contro Meta l'accusa di anteporre il profitto alla sicurezza dei suoi utenti.
Durante le testimonianze rese quell'anno di fronte a parlamentari americani ed europei, Haugen aveva insistito sull'incapacità di Facebook di ridurre i contenuti tossici e aveva espresso forti dubbi sulla possibilità di un cambio di rotta.
Proprio nel 2021 Facebook cambiò il suo nome in Meta, una mossa che i critici hanno interpretato come un tentativo dell'azienda di prendere le distanze dalle controversie che avevano investito i suoi social network. L'amministratore delegato di Meta, Mark Zuckerberg, all'epoca difese la compagnia affermando che "l'argomentazione secondo cui noi per profitto promuoviamo deliberatamente contenuti che fanno arrabbiare le persone è profondamente illogica".