AGI - La chiamano 'il miracolo del deserto' e sarà proprio un miracolo la metro di Riad, una volta inaugurata il prossimo anno: costruita sulla roccia del deserto, sarà una delle più grandi al mondo 'driverless', all'avanguardia per la mobilità sostenibile. Con sei linee e 176 km di binari collegherà la sterminata capitale Saudita (7 milioni di abitanti, una superficie che è grande una volta e mezza quella di Roma), sollevandola dal traffico soffocante delle auto.
Al secondo giorno della sua missione a Riad, il vicepremier Antonio Tajani ha visitato il cantiere della Jeddah Station, sulla linea 3, la cui costruzione è stata appaltata a un consorzio di grandi aziende, tra cui l'italiana WeBuild (è un progetto del valore di 6 miliardi di dollari). Ai lavori di costruzione della metro opera anche il consorzio Flow, dove Ferrovie dello Stato ha una quota del 35% ed è incaricata dei servizi di manutenzione per le linee 3, 4, 5 e 6: un esempio delle aziende italiane impegnate nel regno.
"I sauditi amano l'Italia e il suo saper fare" dice il ministro degli Esteri, al termine del sopralluogo, con tanto di tragitto in treno. "Il governo sostiene le imprese italiane nel mondo", spiega ancora, dando il senso della sua 'due giorni' a Riad. "In Arabia Saudita - aggiunge dopo una girandola di incontri - c'è grande voglia di lavorare con l'Italia, investire ed essere presenti nel nostro territorio nazionale, ma c'è anche la voglia di accogliere nuovi investimenti del nostro paese. C'è un clima positivo e non possiamo perdere questa opportunità: vogliamo essere più presenti e fare accordi che sfocino in un partneriato strategico che ci permetta di fare un salto di qualità".
È un miracolo la crescita a cui punta Mohammed bin Salman, il principe ereditario saudita, di fatto reggente, che ha voluto il titanico progetto per ridurre la dipendenza petrolifera del regno, diversificarne l'economia e sviluppare i servizi pubblici. "Qui c'è tanto da fare, la Saudi Vision 2030 offre tante opportunità: invito le aziende italiane a venire a investire", aggiunge il ministro del commercio, Majed Abdallah Alkassabi, dopo il faccia a faccia con Tajani.
Con l'Arabia Saudita, l'Italia ha già fiorenti rapporti economici, commerciali, culturali ma ci sono infinite altre opportunità anche in campo agricolo, dell'archeologia, dell'energia green (solare ed eolica). Alla luce del piano RePower Eu per porre fine alla dipendenza dell'Unione Europea dalle forniture di gas dalla Russia entro il 2030, Tajani pensa all'Arabia Saudita come a un potenziale hub di energia rinnovabile per l'Europa e l'Italia.
E non basta perché il governo guarda all'Arabia Saudita (impegnata nella normalizzazione dei rapporti con Israele dopo la ripresa delle relazioni con Teheran) come 'key player' per la stabilità del Mediterraneo. Al tavolo dei colloqui con il ministro degli Esteri, il principe Faysal bin Farhan al Saud, il capo della diplomazia italiana ha posto il tema della crisi migranti e dei rapporti con la Tunisia, ha parlato di Libia e Siria, di Mediterraneo allargato, del Corno d'Africa.
"Ci ispira il nostro approccio per l'Africa, non predatorio né coloniale ma che punta alla stabilità del continente: su questo Riad può dare un grande contributo.Fermare i flussi migratori non è un problema di polizia, ma da affrontare in maniera strategica: dobbiamo cambiare la mentalità e trascinare con noi anche l'Europa". La potenza economica del regno Saudita può giocare un ruolo di prim'ordine: "Occorre puntare su crescita e sviluppo, non rapinare le loro materie prime, ma creare joint-venture, far scoprire agli africani la ricchezza ma anche insegnare a considerare l'Africa come un interlocutore. La soluzione non è far venire qui gli africani ma farli rimanere nei loro paesi facendoli crescere".
Infine l'Ucraina, il dramma di una guerra che rischia trascinarsi ancora per mesi non poteva mancare dai colloqui di Tajani: "Il processo di Gedda, dove al tavolo dei colloqui sedeva anche la Cina, può dare ulteriori proficui sviluppi. Se ucraini e russi non si parlano, è difficile fare passi in avanti ma ci vuole tempo. Abbiamo di nuovo chiesto alla Cina di intervenire e bisogna insistere su questo percorso per arrivare alla pace, ma una pace che sia giusta".