AGI - In Cile le commemorazioni del cinquantenario delle vittime del regime di Augusto Pinochet sono state segnate da violenze, in un Paese ancora profondamente diviso sugli anni bui della dittatura militare, al potere con un golpe messo a segno l'11 settembre 1973, giorno in cui venne spodestato il presidente eletto democraticamente, Salvador Allende.
Ore di tensione al centro di Santiago del Cile, teatro di scontri tra la polizia e un gruppo di manifestanti incappucciati di nero che hanno attaccato la fine del corteo e colpito il palazzo presidenziale con pietre. La polizia ha utilizzato gas lacrimogeni e idranti, procedendo all'arresto di 11 persone mentre sei agenti sono rimasti feriti.
Successivamente si sono verificati altri tafferugli al Cementerio General, che ospita un memoriale alle vittime del brutale regime di Pinochet, e dove un secondo gruppo ha appiccato il fuoco alla tomba di Jaime Guzmàn, un ex senatore conservatore che ha avuto un ruolo importante nella stesura della controversa Costituzione della dittatura, in vigore dal 1980. Mezzo secolo dopo il colpo di Stato, il Cile resta diviso tra chi difende la dittatura e chi la ripudia.
Una società polarizzata
In base ad un recente sondaggio realizzato dall'ente specializzato Mori, il 42% degli intervistati crede che il golpe abbia "distrutto la democrazia", mentre il 36% lo considera come il momento in cui il Cile veniva "liberato dal marxismo". Tra gli intervistati di età compresa tra i 18 e i 35 anni, il sondaggio ha rilevato che un allarmante 41% ha affermato di sapere poco o nulla del colpo di stato. Una polarizzazione della società cilena che fa eco alla spaccatura della classe politica.
Domenica il presidente e giovane leader di sinistra, Gabriel Boric, visto da molti come un 'nuovò Allende, è stato il primo capo di stato a prendere parte alla commemorazione che si tiene ogni anno dalla fine della dittatura nel 1990. Boric, che ha guidato una marcia con le famiglie degli scomparsi lungo l'Alameda, una delle arterie principali di Santiago, ha espresso una condanna "categorica a questi eventi, senza alcuna scusa. L'irrazionalità di attaccare ciò per cui Allende e tanti altri democratici hanno combattuto è ignobile", ha detto il presidente dopo che i manifestanti hanno sfondato le barriere di sicurezza a La Moneda e danneggiato la facciata dell'edificio.
Dalla politica non arriva una condanna unanime
Boric non è riuscito nell'intento che aveva dichiarato: voler unire tutte le forze politiche cilene in un atto o un documento di ripudio congiunto al golpe del 1973. Domenica, con tutti e quattro gli ex presidenti viventi, è stata firmata una dichiarazione in quattro punti il "Compromiso di Santiago", un testo sobrio di impegno a rispettare sempre la democrazia e i diritti umani, in un ricordo della "rottura della democrazia", che tuttavia non cita esplicitamente Allende e Pinochet. Lo scopo di quel testo era quello di ottenere la firma anche delle forze politiche di centrodestra e destra, oggi maggioritarie nel Parlamento, nella nuova Assemblea Costituente e nei sondaggi, ma il riconoscimento del passato rimane spinoso.
L'ex presidente di centrodestra, Sebastian Pinera, ha firmato il documento ma non è stato fisicamente presente. I partiti di destra e centro destra, riuniti nella coalizione Chile Vamos, sono rimasti fuori e hanno rilasciato una dichiarazione congiunta, senza la destra radicale dei Republicanos, in cui affermano che la "rottura della democrazia marcò il culmine di una profonda frattura".
Le sfide di Boric
Guardando oltre la commemorazione, il governo Boric sta incontrando una serie di difficoltà politiche ed istituzionali che rallentano il cammino delle riforme rivendicate dalla popolazione durante le imponenti proteste del 2019-2020. A vincere le elezioni per la nuova Costituente è stato il suo principale oppositore, Josè Antonio Kast, per vari aspetti un 'nostalgico' della stagione di Pinochet.
La Costituzione di quell'epoca rimane in vigore, sia pure con numerose modifiche apportate al testo nel tempo, e la riscrittura di una nuova Carta si sta rivelando un'impresa. Un'altra spina nel fianco riguarda le violazioni dei diritti umani su vasta scala compiute durante la dittatura, rimaste per lo più impunite. Più di 40.175 persone sono state vittime di esecuzioni politiche, sparizioni forzate, incarcerazioni politiche o torture e ad oggi sono stati ritrovati i resti di sole 307 "scomparsi", con sforzi di ricerca in gran parte portati avanti dalle famiglie dei desaparecidos, in un clima diffuso di omertà.
Le ferite che ancora sanguinano
Pinochet fu arrestato a Londra nel 1998 ma non fu mai in prigione per i suoi presunti crimini, prima di morire agli arresti domiciliari nel 2006. Di conseguenza, mentre il Cile celebra il cinquantesimo anniversario del golpe, milioni di persone portano ancora il doloroso orrore della violenza e della perdita. La ricerca delle vittime "è diventata un'ossessione" per quelle donne che 20 anni fa hanno perlustrato il deserto cileno di Atacama, alla ricerca dei resti dei loro mariti e dei propri cari scomparsi nella "Carovana della Morte", temendo che la brutalità degli squadroni della morte venga dimenticata.
A questa si aggiungono violenze e abusi sessuali sulle donne, commessi all'epoca dai soldati, rimasti in gran parte impuniti. Il mese scorso, una deputata di estrema destra ha suscitato scalpore quando ha liquidato come "leggenda metropolitana" la violenza sessuale sistematicamente perpetrata in un centro di tortura a Santiago.
A differenza di molti Paesi europei, in Cile non esiste alcuna legge che penalizzi la negazione, la giustificazione, la minimizzazione o l'esaltazione dei gravi abusi dei diritti umani perpetrati sotto la dittatura. All'inizio di quest'anno, i legislatori della coalizione di Boric hanno presentato al Congresso una legge - in attesa di votazione - che punirebbe tali rifiuti con pene detentive fino a 61 giorni. Sebbene più di 800 casi legati all'era della dittatura siano passati attraverso i tribunali dal ritorno alla democrazia, molti cileni stanno ancora aspettando una chiusura giudiziaria.
Oltre al trauma psicologico degli anni di Pinochet, la dittatura ha lasciato dietro di sè anche un modello economico, che rimane in vigore. "L'impatto più grande della dittatura è stato quello di imporre il modello economico neoliberista che gli Stati Uniti tanto volevano vedere attuato nei Paesi in via di sviluppo", ha detto al Guardian lo storico Gabriel Salazar. "Il modello socioeconomico del regime di Pinochet ha instillato individualismo, competitività e mancanza di fiducia nella società cilena", ha concluso l'esperto.