AGI - Ex capo dello staff e poi segretario del Tesoro Usa sotto Obama, Jack Lew è l'uomo scelto dal presidente americano Joe Biden come nuovo ambasciatore in Israele, un incarico tanto importante quanto delicato già in tempi normali, a maggior ragione in un momento in cui le relazioni tra i due Paesi vivono nuove tensioni.
Il processo di conferma della sua nomina al Senato vedrà sicuramente i Repubblicani dare battaglia e trasformarlo in un referendum de facto sulla politica della Casa Bianca verso il Medio Oriente, in vista delle elezioni presidenziali del 2024.
Ebreo praticante che osserva lo shabbat, veterano della politica fin da giovane, se confermato sarebbe il terzo ebreo ortodosso a servire come ambasciatore in Israele dopo David Friedman e Daniel Kurtzer, che servirono rispettivamente durante le amministrazioni Trump e Bush.
Biografia di Lew
Nato nel Queens nel 1955 da una famiglia ortodossa il cui capostipite era arrivato dalla Polonia da bambino, Jacob Joseph Lew frequentò le scuole pubbliche di New York e scalò rapidamente le file del Partito Democratico, iniziando subito dopo la laurea ad Harvard alla fine degli anni '70, alla quale seguì il dottorato in legge alla Georgetown. Direttore esecutivo del Center for Middle East Research, Lew partecipò anche alla campagna presidenziale dei democratici nel 1988.
È stato responsabile di bilancio durante la presidenza di Bill Clinton, vicesegretario di Stato sotto Hillary Clinton e di nuovo responsabile di bilancio, capo dello staff e segretario al Tesoro con Barack Obama alla Casa Bianca.
Nonostante il suo coinvolgimento politico nelle questioni riguardanti Israele, il 67enne è considerato maggiormente esperto nel settore finanziario, ma allo stesso tempo vanta uno stretto rapporto con l'attuale amministrazione, rendendolo un uomo di fiducia di Biden sul teatro mediorientale in un momento di frizione tra le due capitali (da segnalare che a distanza di nove mesi dal ritorno al potere, Netanyahu non è stato ancora invitato alla Casa Bianca, come da tradizione per tutti i neo-premier israeliani).
Il difficile rapporto con Netanyahu
Forte sostenitore di Israele, Lew in passato non ha lesinato critiche nei confronti di Netanyahu, già premier ai tempi di Obama: il rapporto tra i due "non fu buono come si sarebbe potuto sperare, e questo era in entrambe le direzioni", disse in un'intervista nel 2017, nella quale parlo' di "tante provocazioni del primo ministro...".
"Ho visto più provocazioni in arrivo che in uscita", aveva specificato, riferendosi in particolare allo sgarbo diplomatico nel marzo 2015 quando Bibi, invitato non dal capo della Casa Bianca a parlare davanti al Congresso riunito, pronunciò un durissimo attacco contro l'accordo sul nucleare (Jcpoa) negoziato dallo stesso Obama. Un episodio definito da Lew come "un errore enorme".
Proprio in merito a quell'intesa siglata con Teheran nel 2015, Lew la difese, sostenendo che rendeva Israele più sicuro, ma questo non piacque a una parte della comunità ebraica americana che lo contestò duramente quello stesso anno, mentre parlava durante una conferenza del Jerusalem Post a New York.
Quanto alla decisione di Obama nel dicembre 2016 di non porre il veto Usa a una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu contro le colonie israeliane in Cisgiordania, Lew lo aveva esortato a farlo ma difese la posizione coerente della Casa Bianca, aggiungendo che non era una "gran cosa per Israele avere sempre solo gli Stati Uniti" al suo fianco, ma questo "non significa non essere amico di Israele".
In caso di conferma, il futuro ambasciatore troverà numerosi dossier sul tavolo: dai contrasti sulla riforma della giustizia promossa dal governo di estrema destra, che ha spaccato lo Stato ebraico e contro la quale si è espressa anche l'amministrazione Biden, sollecitando Netanyahu a trovare un sostegno più ampio, al processo di pace con i palestinesi bloccato da anni e senza quasi più speranze, a fronte invece di un rinnovato espansionismo dei coloni rappresentati ai massimi livelli nel governo israeliano.
Non da ultimo, Washington è impegnata a negoziare una normalizzazione tra Israele e Arabia Saudita, un cammino irto di ostacoli con Riad che punta a ottenere, tra l'altro, passi in avanti a favore dei palestinesi e il via libera a un progetto di sviluppo nucleare, con arricchimento di uranio: entrambe richieste difficili da digerire per lo Stato ebraico.