AGI - Domenica importante appuntamento con le urne in Argentina, dove le primarie stabiliranno il futuro candidato alle presidenziali all'interno di ogni partito, in un contesto di crisi economica e di rischio di nuova svalutazione del peso.
In tutto sono 13 i nomi in lizza nelle varie forze politiche che si confronteranno, per determinare chi le rappresenterà alle elezioni generali del 22 ottobre, in assenza dei 'big' quali l'ex presidente Mauricio Macri, la vice presidente uscente Cristina Fernàndez de Kirchner e il presidente uscente Alberto Fernàndez, che hanno deciso di non ricandidarsi.
Tra i grandi favoriti alle elezioni "primarie, aperte, simultanee e obbligatorie" ('Paso'), c'è il ministro dell'Economia del governo uscente, Sergio Massa, candidato della coalizione governativa di centro-sinistra Uniòn por la Patria (Upp), affiancato dal coordinatore dell'esecutivo, Agustìn Rossi.
Una doppia nomina che ha rappresentato un colpo di scena qualche settimana fa: poche ore prima, la coalizione al potere aveva prima annunciato che i suoi due candidati sarebbero stati il ministro dell'Interno Eduardo 'Wado' de Pedro e il governatore di Tucumàn, Juan Manzur, salvo poi cambiare idea.
Massa è una figura molto apprezzata dal Fondo monetario internazionale, con il quale il ministro dell'Economia in carica ha siglato una serie di accordi per la restituzione del debito di 45 miliardi contratto nel 2018, stabilendo inoltre, un percorso di svalutazione controllata del peso argentino dopo le primarie del 13 agosto. Domenica alle primarie dell'Upp parteciperà anche la coalizione 'Justa y Soberana' col suo giovane leader dissidente, Juan Grabois.
Per gli analisti politici la coalizione di governo ha compiuto una scelta di compromesso pragmatico per avere una maggiore possibilità di riconferma al potere. Cristina Kirchner ha dovuto abbandonare l'idea di far partecipare un suo candidato fidato, decidendo di concentrarsi sulle elezioni al Parlamento provinciale e alla carica di governatore di Buenos Aires, che sarà eletto sempre il 22 ottobre, puntando sulla figura di Axel Kicilof.
L'opposizione di centro destra di 'Juntos por el Cambio' (JpC) ha invece schierato due candidati particolarmente in vista con da una parte il governatore di Buenos Aires, Horacio Rodriguez Larreta, e dall'altra l'ex ministro della Difesa, Patricia Bullrich, che avranno ciascuno un vice dell'area più radicale. Tra le altre liste ci sarà quella capitanata dall'attuale governatore di Cordoba, Juan Schiaretti, un'altra presentata dell'ex ministro del Commercio, Guillermo Moreno.
Le componenti più radicali della destra saranno rappresentate da Javier Milei, che spera di emulare i successi di Donald Trump negli Usa e Jair Bolsonaro in Brasile. L'appuntamento di domenica, che sarà decisivo anche per capire il clima della futura campagna elettorale, ha un'organizzazione particolarmente complessa da gestire e costosa, come evidenziato dal quotidiano La Nacion.
Ogni candidato presidenziale ha bisogno di un 'esercito' di oltre 100 mila procuratori e almeno 1 miliardo di dollari per pagare le spese di viaggio, cibo, rifornimenti, trasporti e per controllare i voti. Nei luoghi più problematici servirà poi un doppio turno di volontari per prevenire il furto delle schede e per controllare i registri. La maggior parte delle spese sono in nero e non vengono denunciate alle autorità.
Domenica verranno quindi aperti 104.577 seggi in 16.950 località del Paese, che aspettano 35.394.425 elettori, secondo i dati ufficiali della Camera elettorale nazionale (Cen). Nella sola provincia di Buenos Aires saranno allestiti 38.074 tavoli elettorali ai quali potranno votare oltre 13 milioni di cittadini.
Il prossimo 22 ottobre gli argentini dovranno eleggere il nuovo titolare alla Casa Rosada, un vice presidente, i deputati, un terzo dei senatori, e diversi governatori oltre ai rappresentanti del Paese al Parlamento del Mercosur. Se al primo turno nessun candidato otterrà la fatidica maggioranza del 50% dei voti+uno, si andrà al ballottaggio il 19 novembre.