AGI - Non doveva essere un summit sull'Ucraina ma alla fine lo è stato. Il vertice dell'Ue-Celac (la Comunità degli Stati dell'America Latina e dei Caraibi) ha rischiato di naufragare nelle conclusioni. Da una parte lo sforzo degli Stati Ue - trascinati da Polonia e Baltici - di strappare la più ferma condanna contro l'invasione russa.
Dall'altra, la reticenza se non la contrarietà di diversi Stati dell'America Latina - guidati dal Nicaragua ma fiancheggiati anche dal Brasile - a puntare il dito contro Mosca. "Non abbiamo ottenuto le conclusioni che tutti avrebbero voluto ma il testo è chiaro, non bisogna drammatizzare sull'Ucraina, abbiamo espresso la preoccupazione", ha spiegato il presidente di turno del Celac, Ralph Gonsalves.
Nella due giorni il presidente brasiliano, Inacio Lula da Silva, non aveva mancato di ripetere "il rifiuto dell'uso della forza" e l'appello "alla cessazione immediata delle ostilità per una pace negoziata". La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni - che nella serata di lunedì, appena arrivata a Bruxelles, è stata accolta a cena dal segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg - ha avuto parole nette nel suo intervento in plenaria.
"Ho sentito qui diversi parlare di pace. Penso però che dobbiamo dare alle parole il giusto significato che hanno: la parola pace non può essere confusa con la parola invasione perché pace e invasione sono due concetti molto diversi, su questo bisogna essere franchi. E se qualcuno ritiene di poter confondere queste due parole non si rende conto che un mondo nel quale non dovesse più esistere il diritto internazionale, un mondo nel quale chi è militarmente più forte può liberamente invadere il suo vicino non sarà mai un mondo di pace. Sarà semplicemente un mondo nel quale vige la legge del più forte, questo può convenire a chi è forte, per carità, ma decisamente non conviene a tutti gli altri", ha ammonito.
Ne è dimostrazione la scelta della Russia - condannata in modo unanime - di non prorogare l'iniziativa per permettere l'esportazione del grano ucraino attraverso il Mar Nero. "Io credo non solo che la guerra in Ucraina sia una nuova guerra coloniale ma credo anche che sia una guerra fatta contro i più deboli e lo vediamo anche con il mancato rinnovo dell'accordo sul grano che è sempre volontà della Russia, segnale chiaro sul quale credo che tutti debbano interrogarsi perché usare la materia prima che sfama il mondo come un'arma è un'offesa nei confronti dell'umanità".
Il veto del Nicaragua al compromesso
Dopo diverse ore di confronto e di stallo i leader hanno raggiunto un compromesso: nel paragrafo dedicato all'Ucraina si esprime "profonda preoccupazione" per la guerra, rimandando alla risoluzione dell'Onu (votate dalla maggioranza dei Paesi del Celac) e senza citare la Russia.
Una formula che è stata accettata da tutti tranne il Nicaragua. Quanto basta per fare dire al presidente del Consiglio, Charles Michel, e alla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che il risultato è stato ottenuto e il messaggio dovrebbe essere arrivato.
Pedro Sanchez, premier della Spagna e presidente di turno dell'Ue, ha saltato la conferenza stampa per rientrare in tempo per un comizio elettorale a San Sebastian.
Gli altri temi sul tavolo
Paragrafo Ucraina a parte, gli esiti sono del summit che non si teneva da otto anni sono ritenuti soddisfacenti. "Non abbiamo mai potuto portare a casa tanti accordi come oggi", ha commentato il presidente argentino, Alberto Fernandez, nella conferenza stampa conclusiva.
"Siamo arrivati a una conclusione sulla lotta al cambiamento climatico, sulla riforma dell'architettura finanziaria internazionale, su sviluppo sostenibile e inclusivo, su questioni di eredità storica quali la schiavitù, sull'Ucraina e sugli altri conflitti, sul terribile embargo contro Cuba, sul coinvolgimento del settore privato", ha elencato Gonsalves, presidente di Saint Vincent e Grenadine.
Il ruolo dell'Italia
"La scelta che noi possiamo fare oggi è quella di costruire una nuova e diversa Alleanza tra Europa e America Latina, un'alleanza in nome dei valori della libertà, della democrazia, in nome della nostra comune identità, in nome del rispetto reciproco, un'alleanza che forse si è un po' sfilacciata negli ultimi tempi ma che noi possiamo riannodare con un filo nuovo e quel filo deve essere il filo di una cooperazione non predatoria ma paritaria, che deve assicurare pari benefici a tutti", ha esortato Meloni.
"Sono fiera, in termini di investimenti strategici e rapporti commerciali, del ruolo dell'Italia che è uno dei principali investitori in America Latina e nei Caraibi con un livello di investimenti esteri complessivi pari a oltre 27 miliardi per il 2021, ma voglio citare un altro aspetto fondamentale della nostra cooperazione, partendo dall'esperienza italiana, che è il tema della sicurezza, della giustizia, della lotta alla criminalità organizzata".
Il ricordo di Borsellino
"Domani è il 19 luglio, in Italia è una data simbolica. Il 19 luglio di 31 anni fa la mafia uccise il giudice Paolo Borsellino che, insieme al giudice Giovanni Falcone, aveva intentato il più grande processo contro la mafia mai esistito in Italia", ha ricordato la presidente del Consiglio.
"Sono stati due martiri della lotta alla mafia e sono anche due dei principali attori ai quali noi dobbiamo gran parte di quello che sappiamo nella lotta contro il crimine organizzato, sono stati loro ad averci insegnato quanto fosse importante combattere la mafia, combattere il crimine organizzato, anche lavorando fuori dai propri confini nazionali, con organizzazioni criminali che erano sempre piu' potenti e che non riguardavano più solamente le nostre società. È la ragione per la quale 23 anni fa le Nazioni Unite hanno, proprio a Palermo nella città di Falcone e Borsellino, avviato quella che noi conosciamo come convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale", ha concluso.