AGI - Prosegue l'operazione dell'esercito israeliano a Jenin, nel nord della Cisgiordania. Il portavoce delle forze armate (Idf), Daniel Hagari, ha fatto sapere che gli obiettivi sono stati quasi tutti raggiunti e con meno resistenza del previsto, e l'azione potrebbe concludersi prima del previsto, nel giro di pochi giorni. Nella lista dei bersagli da neutralizzare, ce ne sono ancora dieci, ha aggiunto Hagari.
Jenin è considerato il centro nevralgico delle milizie palestinesi nel nord della Cisgiordania: si punta così a colpire "infrastrutture terroristiche".
Nel mirino, il "centro di comando congiunto" usato per coordinare e pianificare attacchi, nonché come deposito di armi ed esplosivi e come nascondiglio per i miliziani coinvolti negli attentati degli ultimi mesi.
Nove palestinesi uccisi e una trentina feriti
Il bilancio finora è di almeno 9 palestinesi uccisi e una trentina di feriti, di cui sette gravi. I militari israeliani sono ancora in azione, principalmente sequestrando armi e cercando sospetti all'interno del campo: la previsione, secondo fonti interne, è che potrebbero restarci per 24-48 ore ma dai vertici della Difesa hanno fatto sapere che "non ci sono limiti di tempo".
L'operazione va avanti "come previsto" ed è stato "inferto un duro colpo alle organizzazioni terroristiche", ha riferito il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, dopo una riunione con il capo di Stato maggiore Herzi Halevi, celebrando "risultati operativi impressionanti".
Scoperto un laboratorio di esplosivi
Fonti militari hanno fatto sapere che è stato scoperto un laboratorio di esplosivi con centinaia di dispositivi già pronti per l'uso, insieme a decine di armi nascoste in un buco. Secondo il portavoce dell'Idf, Richard Hecht, i soldati non stanno cercando di conquistare terreno ma hanno una serie di "obiettivi specifici".
Per la seconda volta nel giro di due mesi (era dai tempi della Seconda Intifada che non accadeva in Cisgiordania) le forze israeliane hanno bombardato dal cielo, con aerei e droni, prima di entrare via terra: un "metodo" che ha "preso di sorpresa" i residenti, ha sostenuto Hecht. Hamas e Jihad Islamica hanno minacciato vendetta e hanno esortato la popolazione della Cisgiordania a unirsi ai miliziani nella lotta a Jenin.
Tutte le opzioni sul tavolo
"Il sangue che verrà versato determinerà la fase successiva", ha avvertito il capo politico del Movimento islamico, Ismail Haniyeh, mentre la Jihad islamica ha dichiarato che "tutte le opzioni" sono sul tavolo, assicurando che la "resistenza palestinese e le brigate Al-Quds risponderanno per fermare questo massacro".
Lo Stato ebraico ha fatto sapere di aver avvertito con settimane di anticipo gli Stati Uniti dell'intenzione di lanciare un'operazione a Jenin e dalla Casa Bianca è stato ribadito "il diritto di Israele a difendere il proprio popolo da Hamas, dalla Jihad islamica palestinese e da altri gruppi terroristici".
Il sostegno dell'opposizione israeliana
Sostegno alle forze armate impegnate nel nord della Cisgiordania è arrivato dall'opposizione israeliana: "Siamo tutti con voi", ha twittato il leader di Yesh Atid, Yair Lapid, parlando di una "azione giustificata contro l'infrastruttura terroristica". Sulla stessa linea Benny Gantz, ex capo di Stato maggiore e leader di Unità Nazionale: "Siamo tutti un unico fronte contro il terrore", ha assicurato.
Da parte sua, la leader dei laburisti Merav Michaeli ha incolpato i "precedenti governi guidati da Netanyahu" per la situazione a Jenin che è "il risultato del rafforzamento di Hamas e dell'indebolimento dell'Autorità palestinese".
Questa è "la politica di lunga data che ci sta esplodendo in faccia", ha aggiunto, ribadendo che "la vera sicurezza può essere raggiunta solo attraverso un accordo diplomatico".
Allarme dell'Onu
Dura invece la condanna di Giordania, Egitto ed Emirati arabi uniti mentre l'inviato speciale Onu, Tor Wennesland, ha lanciato l'allarme per un'escalation "molto pericolosa", esortando tutte le parti ad "assicurare che la popolazione civile sia protetta".
La coordinatrice Onu nelle zone palestinesi, Lynn Hastings, si è detta "allarmata dalla portata delle operazioni israeliane" in un campo profughi densamente popolato.
Proteste in Israele contro la riforma della giustizia
E mentre a Jenin si combatte, proseguono con rinnovato vigore le proteste di piazza in Israele contro il progetto di riforma della giustizia promosso dal governo di estrema destra: stamane diverse centinaia di manifestanti sono scesi in strada ad Haifa, bloccando strade e l'ingresso al porto.
Nel pomeriggio altre centinaia si sono ritrovati all'aeroporto di Tel Aviv, cercando di fermare le strade di accesso mentre altri si riunivano nella sala degli arrivi dove sono scoppiati scontri con la polizia; in quattro finora sono stati arrestati.
I leader della protesta congiunta, 'Kaplan Force', hanno ribadito che "il popolo di Israele non tollererà la trasformazione in una dittatura", annunciando "una serie di imminenti azioni di protesta pacifiche, legali e democratiche" volte a "salvaguardare la democrazia israeliana".
Stessa linea dei riservisti delle unità di intelligence e operazioni speciali che si oppongono alla riforma: pur sostenendo i "fratelli" impegnati a Jenin, hanno assicurato la presenza alle proteste a Ben-Gurion, perché "la più importante battaglia è quella per la democrazia".