AGI - Ennesimo taglio, altri licenziamenti. Accade al National Geografic, ed è il secondo negli ultimi nove mesi, il quarto taglio dall’inizio d’una serie di cambi di proprietà dal 2015. A diciannove redattori, è stato comunicato che dovranno lasciare a breve la prestigiosa rivista che da 135 anni documenta i drammi della Terra, racconta le sue bellezze e i viaggi lontani, le criticità della Natura e le sue specie in via di estinzione. Ora, forse, non le resta che raccontare la propria.
Per il National è l’ultimo passaggio in circa un secolo e mezzo, quello più difficile: d’ora in poi non ci saranno più redattori a redigerla ma “liberi professionisti o redattori messi insieme dagli stessi editori”, spiega il Washington Post.
Di proprietà della Disney Co., i 19 licenziamenti erano stati già comunicati come prossimi ad aprile, dopo che a settembre 2022 sono stati rimossi sei importanti direttori di settore nell’ambito d’una riorganizzazione editoriale straordinaria. Nel frattempo, è stato ridimensionato il settore fotografico, vero punto di forza del National ed elemento caratterizzante delle sue pagine, con i relativi contratti. Ma è stato deciso anche un’ulteriore sforbiciata ai costi, che ha portato alla chiusura del piccolo “reparto audio”.
Dulcis in fundo, la proprietà ha ribadito che a partire dal prossimo anno la rivista non sarà più nelle edicole. La decisione, presa e annunciata già il mese scorso, rientra nell’ambito del “declino epocale della carta stampata e dall'ascesa delle notizie e delle informazioni digitali”, sottolinea il Post, mentre “nel mondo velocissimo dei media digitali, National Geographic è rimasto un prodotto quasi artigianale”, rivista mensile le cui foto, grafica e articoli “erano a volte il risultato di mesi di ricerche e reportage”, cioè tutto troppo costoso.
Un declino vorticoso
Dai 12 milioni di abbonati solo negli Stati Uniti a fine anni Ottanta, la sua stagione migliore, e diversi altri milioni anche fuori dagli Usa, a fine 2022 gli abbonati complessivi sono diventati 1,8 milioni mentre erano già un milione negli anni Trenta. La rivista, scrive il Post, “è stata infine superata in profitti e attenzione” dalle produzioni video della società, incluso il canale via cavo National Geographic e Nat Geo Wild, rete tutta incentrata sulla vita degli animali.
Il declino, ricorda il quotidiano, ha avuto inizio nel 2015 in seguito ad una serie di rimescolamenti degli asset aziendali, quando la Società ha accettato di formare una partnership economica con la 21st Century Fox, che ha assunto il controllo di maggioranza in cambio di 725 milioni di dollari passando sotto il controllo della Disney nel 2019, parte di un grande accordo da 71 miliardi di dollari tra Fox e Disney.
Secondo il portavoce del National Geographic, Chris Albert, i cambiamenti di personale non influiranno sulla pubblicazione mensile della rivista, "ma piuttosto ci daranno maggiore flessibilità per raccontare storie diverse e incontrare il nostro pubblico ovunque si trovino attraverso le nostre numerose piattaforme”.