AGI - La marcia di Pechino sull'Africa prosegue a ritmi sostenuti. Crescono le esportazioni cinesi, ma diminuiscono quelle africane. La Cina, dunque, è sempre più invasiva nonostante adotti il principio di non ingerenza, a differenza degli Stati Uniti.
Il commercio tra Cina e Africa ha raggiunto i 94,4 miliardi di dollari nei primi quattro mesi del 2023, con un aumento dell'8,9% rispetto allo stesso periodo del 2022, secondo i dati diffusi dall'Amministrazione generale delle dogane cinesi.
Tra l'inizio dell'anno e la fine di aprile le esportazioni cinesi verso i paesi africani sono aumentate del 26,9% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, raggiungendo i 58,9 miliardi di dollari. Le importazioni cinesi dall'Africa, invece, sono diminuite dell'11,8% su base annua nei primi quattro mesi di quest'anno, raggiungendo i 35,5 miliardi di dollari.
Secondo gli analisti, il calo del valore delle importazioni cinesi dall'Africa dall'inizio del 2023 è dovuto principalmente al calo dei prezzi delle materie prime e alla riduzione della domanda di minerali, nel contesto di una ripresa dell'economia del gigante asiatico più debole del previsto.
"Il rallentamento della crescita economica cinese dovuto a prolungati periodi di contenimento e alle tensioni geopolitiche che hanno interrotto le catene di approvvigionamento nel 2022 ha aumentato in modo significativo le scorte di minerali della Cina e ridotto la domanda di tutte le materie prime", ha spiegato Carlos Lopes, ex segretario esecutivo della Commissione economica per l'Africa delle Nazioni Unite, citato dal South China Morning Post.
La maggior parte delle esportazioni cinesi verso l'Africa è costituita da prodotti finiti - tessili e abbigliamento, macchinari, elettronica - mentre le esportazioni africane verso la Cina sono dominate da materie prime come petrolio greggio, rame, cobalto e minerale di ferro, con conseguente surplus commerciale per la Cina.
Tuttavia, le autorità cinesi hanno messo in atto politiche per correggere questo squilibrio commerciale. Lo scorso settembre, Pechino ha eliminato le tariffe sul 98% dei prodotti importati da nove Paesi africani, tra cui Guinea, Mozambico, Ruanda e Togo. Questo smantellamento tariffario segue l'annuncio del presidente cinese Xi Jinping - in occasione dell'ottava conferenza ministeriale del Forum sulla cooperazione Cina-Africa (Focac 8) tenutasi a Dakar nel novembre 2021 - che Pechino intende aumentare le proprie importazioni di prodotti agricoli africani.
Le difficoltà di Washington
In quell'occasione, il leader cinese aveva indicato l'obiettivo di portare le importazioni cinesi dal continente africano a 100 miliardi di dollari, per poi arrivare a 300 miliardi di dollari all'anno entro il 2035. La crescente presenza cinese in Africa sta mettendo in difficoltà gli Stati Uniti, proprio per una differenza di approccio che tengono Pechino e Washington.
Il principio di non ingerenza è il punto di forza del Dragone che si limitata, ma è un eufemismo, ha tessere rapporti principalmente sull'aspetto commerciale e non su quello politico. Gli Stati Uniti, nonostante le enunciazioni di principio, ha ancora un approccio securitario verso il continente. Una cooperazione, poi, che non lascia ai privati alcun margine, tutto è negoziato tra governi, con regole, spesso, poco chiare. Nella sostanza decidono i presidenti. Tutto ciò accade nonostante l'attivismo americano.
La nuova ragnatela cinese
A fronte di una trentina di visite di alti funzionari statunitensi in Africa, nei primi tre mesi del 2023, a seguito del vertice Usa-Africa del dicembre scorso, la Cina continua a tessere la sua rete diplomatica nel continente. Ne è un esempio la visita del presidente eritreo, Isaias Afewerki a Pechino, non invitato al vertice di dicembre negli Usa perché l'Eritrea non ha relazioni diplomatiche con Washington.
Una visita che è stata caratterizzata dal poco preavviso, ma nonostante questo vulnus diplomatico, il presidente cinese Xi Jinping, ha accolto il suo omologo con tutti gli onori che si devono a un capo di Stato, e la stessa cosa era successa con il presidente del Gabon, Ali Bongo Ondimba. E le visite proseguono a ritmo serrato, nei prossimi giorni sarà il turno del presidente della Repubblica democratica del Congo, Felix Tshisekedi.
Gli analisti di Semafor Africa spiegano così l'approccio di Pechino: "Questi tre Paesi sono molto diversi per dimensioni, opportunità economiche, sistema di governo e utilità strategica, ma una cosa che gli osservatori hanno notato da tempo è il modo in cui la seconda economia mondiale sembra trattare anche il più piccolo paese africano".
In altre parole, che si tratti dell'Eritrea, del Gabon o del Congo, l'accoglienza è da pari a pari, anche se solo per una foto di rito. "Non ci sono discussioni sulla governance o sulla leadership. Non è un approccio che un tipico presidente americano potrebbe replicare facilmente, e questo fa parte della sfida che gli Stati Uniti devono affrontare nel continente. Ma questo non significa che gli Stati Uniti non debbano provarci".
Non è un caso che a fine giugno si terrà in Cina la terza edizione del China-African economic and trade Expo, con il tema "sviluppo comune per un futuro condiviso". L'Africa e soprattutto la Cina vogliono sfruttare a pieno le opportunità dell'Area di libero scambio continentale africana (Afcfa), un mercato di 1,2 miliardi persone e di un Pil combinato di circa 3,4 trilioni di dollari.