AGI - Le elezioni di domenica in Turchia sono caratterizzate dalla assoluta incertezza sull'esito di una contesa che vede contrapposti il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e lo sfidante e leader dell'opposizione, Kemal Kilicdaroglu. Un contesa all'ultimo voto in cui saranno decisivi i 25 milioni di curdi del Paese e i 5 milioni di giovani della generazione 'z' chiamati alle urne per la prima volta, ma in cui anche i siriani hanno finito per rivestire un ruolo centrale.
L'incognita curda
"I curdi mi hanno votato e mi voteranno ancora": ha detto Erdogan parlando nella città curda di Batman in uno degli ultimi comizi della campagna elettorale che lo vede in leggero svantaggio rispetto al rivale Kilicdaroglu. Erdogan è consapevole di quanto si sia complicata la corsa alla riconferma dopo la decisione del partito filo curdo Hdp di non presentare un proprio candidato. Si tratta di un bacino di voti corrispondente a circa l'11-12%, e il presidente in carica deve evitare che si tramuti interamente in consenso per l'avversario. Erdogan punta su una strategia che già aveva portato frutti negli scorsi anni, distinguendo tra curdi e terroristi separatisti del Pkk.
"Il Pkk e i nostri fratelli e sorelle curdi sono completamente diversi per noi. Non considereremo mai nella stessa maniera curdi e Pkk. Per anni il Chp (partito di Kilicdaroglu ndr) ha tormentato i curdi, noi li abbiamo riconosciuti e ne abbiamo alleviate le sofferenze", ha detto Erdogan riferendosi alle politiche del Chp di Kilicdaroglu in passato, quando ignorava la questione curda. "Kilicdaroglu ha fallito nell'accusare Hdp e ora non è capace di chiamare terroristi quelli del Pkk, ora vuole liberare Selattin Demirtas (leader di Hdp in carcere dal 2016 con l'accusa di terrorismo ndr )", ha detto Erdogan ricordando le decine di migliaia di morti di quasi 40 anni di conflitto.
Kilicdaroglu aveva a sua volta accusato Erdogan di usare la questione curda per esacerbare tensioni sociali e politiche, chiedendo ai curdi di votare contro Erdogan. Della coalizione che sostiene l'avversario del presidente fa parte anche il partito nazionalista di estrema destra Iyi, che ha promesso che non siederà mai in un governo con Hdp; il partito curdo è anche a rischio di chiusura da parte della Corte Costituzionale, che presto deciderà sui presunti legami tra il partito e il Pkk.
I leader Selattin Demirtas e Figen Yuksekdag sono in carcere dal 2016 per presunti legami e propaganda a favore del Pkk. Hdp per tutelarsi, si presenterà alle elezioni con un diverso simbolo : "Partito Verde di sinistra". Erdogan, in evidente difficoltà, ha poi accusato Kilicdaroglu di "agire secondo logiche da imperialismo occidentale" e "prendere istruzioni da Kandil", le montagne del nord Iraq che costituiscono la base del Pkk. Erdogan, che nelle elezioni del 2018 nelle province a maggioranza curda ha guadagnato tra il 20 e il 50% dei consensi, spera in una riconferma che, a questo punto appare complicata, ma sempre decisiva.
La generazione che ha conosciuto solo Erdogan
Altra categoria le cui scelte finiranno per pesare in maniera decisiva è quella costituita dai 5 milioni di giovani turchi di età compresa tra i 18 e i 24 anni che si presenteranno per la prima volta alle urne nelle cruciali elezioni del prossimo 14 maggio. Una partecipazione numericamente enorme in un Paese che ha un'età media di 33 anni e potenzialmente decisiva in una corsa alla presidenza tutt'altro che scontata. Considerando che Erdogan è divenuto premier nel 2003 e presidente 11 anni dopo ricoprendo la carica fino ad ora, la 'generazione x', cosi' chiamata in Turchia, non ha conosciuto nessun'altra leadership.
Un sondaggio svolto nella seconda metà di aprile dall'istituto Metropoll ha mostrato che i nuovi votanti hanno un'intenzione di recarsi alle urne inferiore alla media dell'affluenza nel Paese, tradizionalmente altissima. Secondo Metropoll il 78% circa dei 5 milioni di giovani si recheranno alle urne, di questi circa il 50% voterà per Kilicdaroglu e il 30% voterà per Erdogan. Percentuali a sfavore del presidente in carica essenzialmente a causa della dura crisi economica che da anni affligge il Paese, dove i prezzi aumentano, l'inflazione cavalca e la svalutazione della lira turca rende sempre meno accessibile l'opzione di formarsi o fare esperienze all'estero. Una crisi che va di pari passo con l'impressione, sempre più netta, che il Paese abbia abbandonato la strada della meritocrazia e si sia avviato verso un clientelismo e una polarizzazione da cui il 14 maggio pare rappresentare l'unica via d'uscita.
I rischi dell'astensionismo
I due principali candidati alla presidenza sembrano avere ben chiara l'importanza del voto dei giovani nelle elezioni ormai alle porte. Erdogan, con l'aiuto del genero Selcuk Bayraktar, artefice del successo dei droni turchi nel mondo, ha organizzato anche quest'anno il festival di tecnologia Teknofest, un'occasione per reclutare giovani talenti e inserirli in programmi di studio e tirocinio in aziende. Erdogan ha promesso borse di studio e una banca dedicata a giovani e famiglie che opererà proponendo tassi agevolati. La contromossa di Kilicdaroglu, che ha 74 anni, 5 più di Erdogan, è arrivata con un appello al senso di libertà che i giovani sono chiamati a coltivare. "Non abbiate paura di criticarmi, sono aperto a tutte le vostre critiche", ha detto Kilicdaroglu più volte facendo il segno del cuore con le dita. L'opposto di Erdogan, che ha mostrato insofferenza alle critiche e creato in questo senso un clima di tensione nel Paese.
Tuttavia la figura di Kilcdaroglu sembra essere scelta più per contrastare Erdogan e dare un cambio alla testa del Paese che per reale convinzione. Dopo 20 anni di potere Akp sarebbe dovuto bastare il solo fatto che questa generazione non ha conosciuto altro che Erdogan a portare i giovani in massa verso Kilicdaroglu. Al contrario l'astensionismo tra i neo votanti sarà ben più alto della media del Paese e la battaglia per accaparrarsi la 'generazione x' continuerà fino alla fine.
Il ruolo dei profughi siriani
Tuttavia a due giorni dall'appuntamento con le urne anche i profughi siriani che vivono nel Paese occupano un ruolo centrale. Da un lato i 3.7 milioni di profughi della guerra sono finiti al centro di una campagna elettorale incentrata su una crisi economica che ha fatto aumentare l'insofferenza dell'elettorato turco nei confronti dei siriani. Tutti i partiti, con l'eccezione dei filo curdi di Hdp, hanno inserito nel programma un piano di rimpatrio. Dall'altro ci sono 150 mila siriani chiamati alle urne per la prima volta.
Il tema della presenza siriana nel Paese è stato cavalcato dal leader dell'opposizione, Kemal Kilcdaroglu. Lo sfidante del presidente in carica Recep Tayyip Erdogan da mesi promette il rimpatrio dei siriani in due anni e ha recentemente annunciato di voler riaprire ufficialmente le frontiere con l'Europa. Erdogan è stato costretto a cercare una normalizzazione con il regime di Damasco per realizzare un piano che consenta "il ritorno dignitoso e volontario dei siriani". Allo stesso tempo lo strettissimo margine di una corsa elettorale tiratissima si decide anche con i voti dei 150 mila siriani che potranno recarsi alle urne e lanciare un messaggio. Dai sondaggi emerge che la grande maggioranza dei siriani, circa il 60%, sosterrà Erdogan. Tuttavia i tanti siriani residenti nelle aree colpite dal sisma dello scorso 6 febbraio potrebbero voltargli le spalle. Il processo di normalizzazione in corso con il regime di Damasco ha deluso moltissimi di loro.