AGI - Il ministro delle Infrastrutture ucraino, Oleksandr Kubrakov, è atteso in Turchia, dove incontrerà il ministro della Difesa turco Hulusi Akar. Proprio Akar è stato uno degli attori principali che hanno permesso la chiusura dell'accordo che dallo scorso luglio permette il passaggio di grano ucraino bloccato nei porti del Mar Nero.
Accordo che sarà inevitabilmente al centro dell'incontro di oggi, sia per il malcontento di Mosca che rischia di far saltare tutto, ma soprattutto dopo che la Slovacchia si è unita alla decisione di Polonia e Ungheria di bloccare unilateralmente l'import di grano e prodotti agricoli dall'Ucraina, per proteggere la produzione agricola interna.
La messa al bando del grano ucraino
Una decisione che potrebbe prendere anche la Bulgaria, ma definita inaccettabile da Kiev e dalla Commissione Europea che ha già fatto sapere di "attendere delle spiegazioni". "Il primo necessario passo deve essere quello di consentire al grano ucraino di transitare attraverso la Polonia. Un passo da compiere senza porre condizioni", ha invece tuonato il ministro dell'Agricoltura ucraino, Mykola Solsky, al termine dei primi colloqui che hanno avuto luogo in Polonia.
Proprio il governo polacco guidato dal partito PiS, uno dei principali sostenitori di Kiev dall'inizio del conflitto, si trova costretto a fare i conti con le prossime elezioni e con il decisivo bacino di voti delle aree rurali della Polonia. Tuttavia il nodo rimane, perché mentre il ministro dell'Agricoltura polacco definisce il no al transito "necessario", il collega ucraino risponde che il 10% dei prodotti alimentari prodotto dall'Ucraina transita attraverso la Polonia, ben il 6% dall'Ungheria.
Un bando al transito che, come per l'Ungheria, riguarda anche frutta, verdura, carne, derivati del latte e uova, ma che allo stesso tempo la Commissione Europea ritiene illegittimo, in quanto queste decisioni sul commercio e transito dei beni attraverso le frontiere europee sono di competenza di Bruxelles. Alla situazione già tesa si aggiunge l'allarme lanciato dall'Alrto Rappresentante per la politica estera europea, Joseph Borrell: "La Russia sta bloccando ancora una volta 50 navi con grano urgentemente necessario nel Mar Nero. L'Ue sostiene gli sforzi dell'Onu e continuerà a facilitare le esportazioni attraverso le corsie di solidarietà dell'Ue, che hanno portato 25 miliardi di tonnellate di grano nel mondo".
La visita di Kubrakov in Turchia segue di 12 giorni il viaggio del ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov, nella capitale turca Ankara durante la quale ha incontrato il collega turco Mevlut Cavusoglu, la mente delle trattative tra Russia e Ucraina. Il capo della diplomazia di Ankara aveva anticipato che il dialogo si sarebbe sviluppato sulle relazioni bilaterali tra i due Paesi ma anche sugli sforzi di mediazione di Ankara nel conflitto in Ucraina.
L'accordo di luglio a rischio rinnovo
Abbandonata la ricerca di un compromesso che porti a un cessate il fuoco dopo i tentativi andati a vuoto nei primi mesi dall'inizio del conflitto, il dialogo negli ultimi mesi è passato costantemente dalle difficoltà per i rinnovi dell'intesa che dallo scorso luglio permette il passaggio di grano e fertilizzanti bloccati nei porti ucraini. Un'intesa rinnovata lo scorso 18 marzo, ma non senza difficoltà e dubbi da parte di Mosca, che spinge ormai da mesi affinché attraverso il Mar Nero possano passare anche frumento e fertilizzanti russi, come previsto nella bozza iniziale dell'intesa.
Circostanza al momento non realizzatasi, tanto da spingere il ministro degli Esteri russo Lavrov a definire "complicato" il rinnovo dell'intesa. "Se l'accordo è rispettato a metà, allora il tema estensione si complica" aveva detto Lavrov. A partire dallo scorso luglio a oggi l'intesa, per raggiungere la quale è stata essenziale la mediazione della Turchia, ha permesso il passaggio di circa 28 milioni di tonnellate di grano e frumento ucraino altrimenti destinato a marcire nei porti bloccati dalla guerra e ora giunto per il 55% in Paesi in via di sviluppo e per il 45% in Paesi come la Cina, Spagna, Turchia e Italia per mitigare l'impennata dei prezzi sul mercato e il rischio di una crisi alimentare.