AGI - "L'Italia e l'Afghanistan sono uniti da oltre 100 anni di amicizia. L'Italia è stata il primo Paese a riconoscere l'indipendenza completa del mio Paese. Quello italiano è stato fra i primi ambasciatori a Kabul, con la sua sposa. In Italia e in Europa siamo ormai alla terza generazione di figli di quegli afghani nati qui". A parlare all'evento romano "Un faro per le donne di Kabul" è la principessa India di Afghanistan, accompagnata dalla primogenita, Sorahya, e dal figlio Eskandar.
Nel suo intervento, la principessa, nata a Mumbai in India nel giugno 1929, ha reso omaggio ad alcuni italiani che sono stati molto importanti per l'Afghanistan. Ha fatto riferimento al defunto Gino Strada, "che ha dedicato la sua vita all'umanita', ai malati e a molti feriti in Afghanistan durante l'invasione sovietica". La principessa India ha poi ringraziato Alberto Cairo che a Kabul da anni "aiuta tutti coloro che ancora oggi a causa delle diverse guerre perdono gli arti, gli occhi, e che lui accoglie alla Croce Rossa internazionale" nella capitale afghana, dicendomi che "rimarrebbe lì, anche se dovesse lasciare il posto di lavoro".
La principessa afghana ha anche salutato monsignor Morelli, che "chiamo fratello, perché io un padre l'ho già avuto", per 18 anni nella parrocchia extraterritoriale dell'Ambasciata d'Italia. Nel suo racconto ha evocato i suoi numerosi viaggi a bordo degli aerei militari italiani, "i rumorosi C130, con le sedute scomode", le frequenti tappe a Abu Dhabi, in attesa del volo per Kabul, mostrando "un'onorificenza consegnatami dalle autorità italiane alla quale tengo molto".
L'esilio da Bombay all'Italia
India va per i 94 anni, portati splendidamente, ha un tratto elegante, una fierezza equilibrata propria della sua etnia Pashtun oltre ad un'ascendenza ebraica. Con la nave che nel 1929 la trasportò da Bombay in Italia, con lei c'erano i genitori, la regina Sorahya e il re Amanullah Khan. Dopo 10 anni di potere e importanti riforme, il sovrano che nell'agosto 1919 aveva ottenuto l'indipendenza dagli inglesi, venne contestato dalle opposizioni dei mullah conservatori.
Conseguenza di una sistematica operazione di sabotaggio nei confronti dei reali, fu costretto ad abdicare il 14 gennaio 1929, ritirandosi con la sua famiglia a Kandahar, poi in India e infine in Italia. I sovrani avevano avuto un'impostazione politica progressista, con una mentalità aperta alle riforme, desiderosi di conseguire il miglioramento dell'Afghanistan che venne stroncato.