AGI - Da quando l'ultima era glaciale è finita e i ghiacciai si sono ritirati, circa 11.000 anni fa, “qualcosa sembra essere cambiato tra le viti selvatiche dell'Asia”, osserva il Washington Post, perché sono state rese coltivabili e produttive. Ed è così nato il vino e la sua civiltà.
A definire questo passaggio è la rivista Science, che proprio giovedì, sulla base della collaborazione di un gruppo di scienziati provenienti da 17 nazioni, ha pubblicato gli esiti d’una ricerca che ha esaminato i genomi di migliaia di viti raccolte da tutta l’area terrestre eurasiatica “per tracciare il lungo e tortuoso viaggio di questa pianta dall'età della pietra all’ecoteca di quartiere”. Un viaggio lungo 11 mila anni.
Nel corso del processo selettivo, “i ricercatori si sono imbattuti in cultivar precedentemente non documentate che sono cresciuti in vecchi vigneti, scoperta che ha permesso di dare un nome a questi vitigni trascurati o dimenticati”. "La vite è stata probabilmente la prima coltura da frutto sottratta dall’uomo al suo stato primitivo", ha affermato l'autore dello studio, Wei Chen, biologo evoluzionista alla Yunnan Agricultural University. Alcuni calcoli più approfonditi fanno risalire addirittura il rendimento della vite a 15.000 anni fa, ben prima dello sviluppo dell'agricoltura per come l’abbiamo conosciuta noi.
Chen ha convinto i colleghi di tutta Europa e Asia a collaborare, creando un database genomico dai vitigni di una vasta regione, dalla penisola iberica al Giappone, scrive il quotidiano. Pertanto, esistono molte specie di viti, “ma solo una, la Vitis vinifera, fornisce il vino consigliato da un sommelier, tant’è che “le uve familiari” che segmentano il mercato del vino – come merlot, cabernet sauvignon, pinot nero – “sono varietà di quella specie”. Le uve selvatiche e le varietà molto antiche “hanno ancora questi geni di resilienza, di cui avremo bisogno per rendere l'uva resistente alla sfida del cambiamento climatico".
Osserva a questo punto il Post: “L'analisi genomica rappresenta una tecnica relativamente nuova per far luce nella nebbia della preistoria, periodo in cui il clima postglaciale s’è riscaldato, gli esseri umani sono cresciuti di numero e le culture sono fiorite. Le uve domestiche sono ermafrodite e possono fertilizzarsi da sole. L'analisi delle piante moderne e della loro storia genetica ha mostrato pertanto un cambiamento nel flusso genico circa 11.000 anni fa che ha segnalato una selezione da parte dei primi agricoltori per le viti ermafrodite”.
Tuttavia il nuovo rapporto ha fornito una svolta sorprendente alla storia, perché il cosiddetto “addomesticamento” è avvenuto due volte, su diversi lignaggi dell'uva selvatica, in quanto entrambi gli eventi si sono verificati nello stesso periodo, uno nella regione del Caucaso, che comprende l'odierna Armenia, Georgia e Azerbaigian, e uno nell'Asia occidentale. Le due regioni distano più di 600 miglia, ma Chen ha notato che la migrazione umana, o gli scambi culturali, potrebbero spiegare i due “addomesticamenti” separati. In altre parole, “le buone idee circolano”.
Nel senso che gli autori dello studio ritengono che la linea di viti del Caucaso abbia dato origine a quelle selezionate per il loro potenziale di vinificazione, mentre la linea di vite dell'Asia occidentale è stata inizialmente selezionata come fonte di cibo: ovvero, l'uva da tavola, a propria volta “mescolate con uve selvatiche per creare le uve da vino che si trovano in gran parte dell'Asia occidentale e dell'Europa, comprese le famose regioni vinicole lungo il Mediterraneo”.