AGI - Il panorama di distruzione, dolore e disperazione che porta al villaggio di Tepehan scorre come una pellicola di un film di guerra dal finestrino dell'automobile. Case distrutte, macerie, tendopoli, gente in fila per un piatto di riso e una zuppa calda. Difficile immaginare ci si possa trovare dinanzi a una scena che lasci a bocca aperta dopo un viaggio così breve e così intenso.
All'ingresso del villaggio di Tepehan un gregge di pecore pascola a bordo strada, uno dei pochi segni di continuità tra il prima e il dopo del tremendo terremoto che lo scorso 6 febbraio ha colpito proprio qui, al confine tra Turchia e Siria. L'ultimo tratto è da fare a piedi lasciando alle spalle il villaggio, poche decine di metri prima che il panorama si spalanchi su un canyon profondo trenta metri e lungo più di 300, che fino a pochi giorni prima era un uliveto come i tanti che caratterizzano il panorama collinare di questa zona, famosa per le olive e per l'olio.
Gente dei Paesi vicini, giornalisti, abitanti del villaggio guardano la spaccatura in un silenzio che è un ossequio alla forza dirompente della natura. Il villaggio è affacciato su un baratro. Altrove sarebbe un punto panoramico, qui il solo pensiero di essere sopra la faglia mette i brividi. Altri 200 metri e il villaggio intero avrebbe trovato la propria fine sprofondando per 30 metri.
"Un suono che non dimenticherò mai"
"Questo era un campo, un uliveto come questi che vedi, questa è sempre stata la nostra vita. Quella notte siamo usciti dalle nostre case, eravamo terrorizzati non solo per la terra che tremava, ma per un boato tremendo, un suono che non ti so spiegare, ma che non dimenticherò mai. Spero che tu non lo senta mai, spero di non sentirlo mai più", racconta ad AGI Ahmet Kizilbas, un agricoltore di Tepehan.
Ad affacciarsi sul baratro lo spettacolo è impressionante. Rocce in profondità crepate sui lati di quello che ormai è un piccolo canyon, stratificazioni di terra, argilla sul cui fondo giacciono ulivi divelti e alberi spezzati, ormai inclinati su isolette di terreno che prima costituivano una superficie unica e piatta. Se non fosse per gli ulivi in fondo al baratro sembrerebbe una piccola valle fluviale formatasi in centinaia di anni, e invece sono proprio gli ulivi la prova che la enorme crepa si è formata in meno di mezz'ora.
"È la terra della mia famiglia, non andrò via da qui"
"Tutto e successo così velocemente che anche noi del villaggio continuiamo a venire qui tutti i giorni. è difficile da credere eppure è così. Altri 200 metri e avrebbe inghiottito l'intero villaggio. Dio ci ha protetto" racconta sempre Ahmet. Scendo sul fondo del canyon attraverso il sentiero che per decenni gli agricoltori dell'area hanno usato per prendersi cura delle proprie piante. La stradina tra gli alberi si interrompe sulla spaccatura e scendere è difficile. Tre ragazzini che scattano foto sul fondo mi vedono, attirano la mia attenzione con un fischio e con un gesto mi indicano di girare per raggiungere il punto in cui sono loro.
La crepa ha rivelato un fondo argilloso su cui l'acqua ristagna, impronte di una volpe sul fango umido rivelano la presenza di acqua e più avanti si è già formato un piccolo lago. Un processo geologico avviato, un paesaggio in evoluzione che forse tra qualche decennio ospiterà un corso d'acqua.
"Questo era il terreno di nostra nonna - racconta Alaattin che con i due cugini mi ha indicato la strada - Lei è molto anziana e non ha capito bene cosa è successo. Non sappiamo se dirglielo perchè nostro nonno ha coltivato questi ulivi per una vita e guardali ora" e indica alberi spezzati sul fondo del baratro a pochi metri da noi.
Chiedo cosa pensa di fare e la risposta di Alattin è decisa, anche se tradisce emozione: "Finisco il liceo, facciamo passare questo periodo, ma non andrò via da qui, questa è la terra della mia famiglia e sta a noi portare avanti questo luogo come hanno fatto i nostri nonni e i nostri genitori. Non è una questione di soldi. Frequento un istituto tecnico e prima del terremoto pensavo di cercare lavoro altrove, in una città ma dopo quello è successo non posso permettere che tutto finisca cosi. Io e i miei cugini ci prenderemo cura di questa terrà".