AGI - “Ho operato in molti scenari, ma un livello di distruzione del genere non lo avevo mai visto prima”. A parlare è Mario Raviolo, team leader dell’ospedale da campo della missione italiana ad Antakya. “Sono intervenuto ad Haiti dopo il sisma del 2010 ho deciso di dedicare la mia vita a questa attività. Andrò avanti così fino alla pensione”, racconta ad Agi il capo missione dell’unità chirurgica della regione Piemonte, volontari dell’Emergency medical team 2 che permettono il funzionamento dell’ospedale da campo.
L’Italia rimane al fianco della Turchia dopo il terribile terremoto di grado 7.8 che ha colpito il sud est del Paese e il nord della Siria causando la morte di almeno 46 mila persone. L’ospedale da campo italiano, portato dalla nave San Marco lo scorso martedì al porto di Iskenderun, è ormai pienamente operativo nel centro della catastrofe, un campo sportivo di Antakya, la città che forse più di tutte ha subito danni e perdite umane per il sisma. La città dove ancora si continua a scavare e dove appena poche ore fa tre persone sono state tratte in salvo.
“Le strutture ospedaliere di Antakya non sono operative perché hanno subito gravi danni o sono distrutte, il nostro team si compone di 75 persone in tutto, 20 medici e 37 infermieri e ha iniziato a operare subito” racconta Raviolo ad Agi, mentre mostra l’ospedale. “Abbiamo letti per accogliere pazienti ad alta criticità, anche intubati, possiamo connetterli a un ventilatore, controllare parametri vitali e abbiamo un macchinario che genera ossigeno estremamente importante in teatri di questo tipo”.
L’ospedale italiano è pronto a effettuare interventi sia di chirurgia che ortopedici e ha già accolto i primi pazienti. Oltre ai macchinari per il controllo di parametri cardiaci e fisiologici e le sale operatorie, anche una attrezzatissima sala parto, con tanto di incubatrice dove magari nei prossimi giorni si festeggerà l’arrivo di nuovi nati in una città che ancora conta i propri morti.
E per una missione italiana che parte, un’altra volge al termine. La protezione civile ha abbandonato oggi Antakya. Agi ha incontrato Luigi D’Angelo, direttore dell’ufficio emergenze della Protezione Civile.
“Un evento terribile a fronte del quale ci siamo attivati subito. A una immediata fase di valutazione, scattata dopo appena 6 ore, è seguito l’intervento di un team di ricerca e salvataggio formato anche da vigili del fuoco, operativo sul campo a meno di 24 ore dal sisma”, spiega ad Agi D’Angelo, che po si sofferma sullo scenario presentatosi dinanzi i suoi occhi.
“C’è stata una devastazione totale che ha investito un’area molto vasta. Ero stato in Turchia nel 1999, dopo il terremoto di Istanbul (17 mila morti ndr) e si trattava di un evento ridotto se paragonato a questo. Tuttavia ho apprezzato gli enormi progressi che il governo turco ha fatto nell’organizzazione della protezione civile turca, che stavolta ha avuto un ruolo fondamentale. Ha garantito la logistica e coordinato le squadre di ricerca e soccorso internazionali. Hanno avuto una reattività che nel 1999 non c’era stata”, spiega D’Angelo che poi aggiunge che, finita la fase di ricerca e soccorso ora bisogna creare strutture alternative a quelle distrutte.
L’Italia insomma è stata al fianco della Turchia nella prima fase e rimane al fianco della Turchia anche ora. Un Paese che non dimenticherà lo sforzo e il contributo delle squadre di ricerca, di vigliai del fuoco, soccorso alpino della Guardia di Finanza e della protezione civile, che mentre abbandonavano il Paese questo pomeriggio dall’aeroporto di Antakya, sono state salutate da un lungo e scrosciante applauso della folla composta dai tanti che continuano ad abbandonare l’area e che chiedevano un selfie o semplicemente di poter accarezzare i cani del soccorso alpino, avvicinandosi alle divise con il tricolore semplice te per dire “Tesekkur ederim”, grazie.