AGI - Nel pieno della crisi dei palloni spia, e con l'avvicinarsi del primo anniversario dall'invasione russa dell'Ucraina, Pechino invia in Europa il suo diplomatico di più alto livello, Wang Yi, fino a fine 2022 ministro degli Esteri, e oggi a capo dell'Ufficio della Commissione Centrale per gli Affari Esteri del Partito Comunista Cinese.
Oggi Wang sarà a Roma, prima di partecipare alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco, nel fine settimana: per gli Stati Uniti, all'evento in Baviera ci sarà la vice presidente Usa, Kamala Harris, e Washington non esclude la possibilità di un incontro tra Wang e il segretario di Stato Usa, Antony Blinken, dopo il "rinvio" di quello a inizio febbraio proprio per le tensioni innescate dal pallone spia cinese sui cieli statunitensi.
Dall'evento di Monaco emergerà la visione della Cina per una sicurezza "comune, globale, cooperativa e sostenibile" e la posizione di Pechino "sulle grandi questioni internazionali", come anticipato dal ministero degli Esteri cinese a inizio settimana, ma la missione dell'alto diplomatico appare complicata su più versanti. Sul fronte ucraino, la Cina si presenta senza sostanziali cambiamenti nella propria visione del conflitto: Pechino dichiara il proprio sostegno a negoziati per arrivare alla fine della guerra, ma ha indurito la sua posizione rispetto agli Stati Uniti, recentemente criticati per la vendita di armi a Kiev.
Su Pechino e il sospetto di un'assistenza militare alla Russia, si sono addensati anche i timori dei Paesi membri del G7, che starebbero prendendo in considerazione sanzioni per gruppi cinesi, iraniani e nord-coreani che si ritiene forniscano aiuto alla Russia nella guerra: un'ipotesi contro cui la Cina è disposta a mettere in campo "tutte le misure necessarie" per salvaguardare "diritti e interessi" delle proprie aziende.
I riflettori sono puntati, soprattutto, sul riemergere dei timori di spionaggio cinese, dopo il caso del pallone spia abbattuto dagli Stati Uniti sopra il proprio spazio aereo: la polemica tra le due sponde del Pacifico si è parzialmente attenuata nelle scorse ore, anche perché gli Usa non hanno messo in relazione il caso di inizio febbraio con i successivi tre abbattimenti di oggetti volanti apparsi sui cieli nord-americani, ma Pechino minaccia ritorsioni e contrattacca. La Cina accusa gli Usa di avere usato anch'essi palloni spia, in una decina di occasioni dal 2021, sopra i cieli della Cina.
Si parlerà anche di questo aspetto nell'incontro tra Wang e il ministro degli Esteri, Antonio Tajani. Non sarà il primo colloquio tra i due: il titolare della Farnesina e l'allora ministro degli Esteri cinese si erano parlati per telefono già a novembre scorso, pochi giorni dopo l'incontro, a margine del G20 di Bali, tra il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e il presidente cinese, Xi Jinping. Tajani e Wang avevano discusso della guerra in Ucraina e dei rapporti commerciali, ma anche delle relazioni tra Pechino e Bruxelles, con l'Italia che auspicava la ripresa dei canali di dialogo, "incluso quello in materia di diritti umani".
La Cina chiedeva, invece, all'Italia, di svolgere un "ruolo costruttivo" nei rapporti tra Pechino e Ue, e si era detta disposta ad aumentare le importazioni di prodotti italiani di alta qualità, ad accogliere gli investimenti di aziende italiane e aumentare i voli con l'Italia. Nei rapporti bilaterali il punto interrogativo più difficile rimane quello legato alla Via della Seta. A novembre scorso, il presidente cinese, Xi Jinping, aveva annunciato il terzo forum, per quest'anno, dedicato all'iniziativa da lui lanciata nel 2013 con il nome di "Belt and Road".
Sul futuro dell'adesione italiana all'iniziativa di Pechino siglata a Roma nel 2019 permangono diversi dubbi, a cui fa da contraltare il ruolo della Cina come primo partner commerciale in Asia per l'Italia. La distanza con Pechino si misura, infine, anche rispetto alla questione di Taiwan. Tajani ha usato toni netti nei giorni scorsi: a Taiwan "deve rimanere lo status quo", ha dichiarato durante una lectio magistralis all'università Luiss di Roma, mettendo, neppure troppo implicitamente, in relazione le tensioni nello Stretto di Taiwan con la guerra in Ucraina. Una posizione che Pechino non ha commentato ufficialmente, ma che rimane il vero nervo scoperto nei rapporti con gli Stati Uniti (e con l'Occidente), e su cui la Cina, che vuole la "riunificazione" dell'isola alla Repubblica Popolare Cinese, non e' disposta a fare concessioni.