AGI - "Che radici premono, quali rami crescono/da questi resti in pietra?". L'inevasa domanda di T.S. Eliot incombe oggi sulla terra desolata di Gaziantep, tra le rovine del castello dove la Natura, per l'ennesima volta e nell'ennesimo secolo, ha dimostrato all'uomo di essere più forte di lui.
E se le pietre cadute di una fortezza, per quanto imponente, appaiono cosa irrilevante rispetto all'immane tragedia in cui hanno perso la vita tra Siria e Turchia migliaia di persone - un bilancio talmente pesante da risultare ancora provvisorio - assurgono al contempo a simbolo del disastro, rappresentazione di un castigo che sbriciola in pochi minuti architetture millenarie. Oggetto fino a ieri di ammirazione, oggi reliquia dell'umana hybris.
Nacque per la guerra il castello di Gaziantep, dopo ogni guerra fu ristrutturato e rinforzato per renderlo un bastione inespugnabile, eppure non la guerra ha distrutto le sue mura ma un terremoto. Sfruttarono quel sito di naturale potenza strategica, e geopolitica, gli ittiti e gli assiri; la ruota della Storia, quando ci salirono i romani, lo convertì in una fortezza consacrata a Giove; quindi se ne appropriò la dinastia selgiuchide; fu poi conteso tra i cavalieri crociati e Saladino; allorché prevalsero gli ottomani, Gaziantep visse il fulgore di un impero che l'attuale Turchia aspira a replicare, almeno in termini di influenza politica, dopo aver difeso quel castello dalle mire egiziane, dall'occupazione inglese e francese.
Fu giusto cento anni fa, nel 1923, che su Gaziantep (dove un Museo raccoglie molte preziose memorie archeologiche) venne riconosciuta la sovranità turca. Che si piega, come per tutte le opere umane incluse o meno nel patrimonio Unesco, alla più prepotente sovranità della Natura al cui cospetto ciascuno è come il pastore errante nel Canto leopardiano. E ciascuno ammette che "uso alcuno, alcun frutto/indovinar non so" "di tanto adoprar, di tanti moti/d'ogni celeste, ogni terrena cosa,/girando senza posa,/per tornar sempre là donde son mosse". Nella notte tra domenica e lunedì scorso la "silenziosa luna", raggiunta la pienezza sul castello di Gaziantep, cominciava immutabile la fase calante su quelle che intanto erano divenute le sue macerie.