AGI - Quest'anno la "March for Life", la marcia di protesta contro l'aborto in programma oggi a Washington, è molto diversa dalle precedenti: è la "marcia della vittoria", ma anche di nuove richieste. Per cinquant'anni questo evento ha rappresentato il simbolo planetario del movimento antiabortista, l'onda umana formata da preti, monaci, attivisti che innalzavano sopra le teste dei partecipanti immagini di resti di feti, scene crude rilanciate dai maxischermi installati su postazioni mobili, predicatori evangelici, ebrei, protestanti, testimoni di Geova, studenti, venditori di reliquie religiose, famiglie e, naturalmente, molte donne.
La prima marcia della storia venne organizzata in risposta alla decisione nel 1973 di legalizzare l'aborto in tutti gli Stati Uniti. Mezzo secolo dopo l'obiettivo e' stato raggiunto, quel diritto non esiste piu', cancellato l'estate scorsa dalla Corte Suprema, ma migliaia di persone si ritrovano ugualmente al National Mall di Washington per manifestare.
Per quale motivo?
La celebrazione, certo, di quella sentenza definita una "pietra miliare", ma c'è altro. Lo fanno perché la "battaglia pro-vita", per loro, non è finita. Chiederanno un passo ulteriore: vietare l'aborto in tutti gli Stati Uniti, senza eccezione, con una legge federale che blocchi ogni tentativo dei singoli Stati, quelli a maggioranza democratica, di seguire un percorso diverso.
"Noi proteggeremo i bimbi in grembo - promette Carol Tobias, la presidente della National Right to Life Committee, la più grande e vecchia organizzazione antiabortista americana - e lo faremo attraverso nuove leggi e nuovi servizi, perche' l'aborto diventi impensabile".
La nuova maggioranza repubblicana alla Camera ha riportato entusiasmo e convinto che, se non ora, non subito, ma una legge federale è meno lontana. In Florida, Nebraska, Virginia e North Carolina le organizzazioni antiabortiste stanno facendo pressione perché vengano approvate restrizioni piu' dure. In Arizona hanno provato a istituire una legge vecchia di duecento anni, che vieta ogni tipo di aborto.
Sarà una manifestazione che si snoderà lungo tutta la giornata, cominciata con il raduno alle 9 di mattina, le 15 in Italia, e che prevede un concerto, i comizi, la marcia vera e propria, dalle 13 alle 16, e poi il Dinner Gala per celebrare la vittoria alla Corte Suprema. Sono attese centinaia di migliaia di persone da tutta l'America. Oggi, più che mai, sara' il giorno in cui manifestera' gran parte della base elettorale di Donald Trump, primo presidente conservatore a partecipare alla marcia, nel 2020, in un tentativo di politicizzare l'evento.
"I bimbi in grembo - disse - non hanno mai avuto un difensore piu' forte alla Casa Bianca". Altri presidenti repubblicani prima di lui, come George H. W. Bush, George W. Bush e Ronald Reagan, si erano tenuti lontani. Fin dalle prime ore del mattino molti partecipanti hanno invaso le zone attorno, incluso il Renaissance Hotel, punto nevralgico di ogni manifestazione. Arrivano da tutto il Paese, in rappresentanza di scuole, college, organizzazioni antiabortiste.
"Io voglio poter far cambiare opinione ai ragazzi del campus - racconta al Washington Post Grace Park, che far parte di un gruppo studentesco cattolico del Massachusetts - c'è troppa animosità nei confronti di chi è pro-vita". L'obiettivo dei manifestanti sarà anche cambiare lo storico coro che chiedeva l'annullamento della sentenza Row v. Wade del '73, quel "Hey, hey, ho ho, Roe v. Wade has got to go!".
Come verrà declinato il tema
La prima marcia globale nella capitale risale all'agosto del '63 e aveva un tenore diverso: 250 mila persone si radunarono davanti al Lincoln Memorial in nome del diritto al lavoro, alla libertà e al rispetto delle minoranze. Quello fu il giorno in cui il reverendo Martin Luther King pronunciò il celebre discorso dell'"I have a dream", 'ho un sogno, quello di un'America senza barriere e razzismo.
Sessant'anni dopo, il divieto d'aborto è considerato una restrizione che colpisce soprattutto le donne afroamericane, generalmente con meno mezzi economici, meno strumenti per gestire una gravidanza, meno strutture mediche. Per ogni donna bianca che vuole abortire, ce ne sono cinque nere. Il quaranta per cento delle interruzioni di gravidanza riguarda afroamericane.
Il tasso di mortalità, secondo gli attivisti per i diritti delle donne, crescerà del 33 per cento tra le donne nere. Ma oggi è il giorno di un altro "I have a dream", anche se la maggioranza degli americani, secondo l'ultima ricerca del Pew Research Center, va da un'altra parte: il 62 per cento degli adulti sostiene che l'aborto dovrebbe tornare legale, contro il 36 per cento convinto che dovrebbe restare un crimine.
Quando, cinquant'anni fa, la Corte Suprema riconobbe il diritto alle donne di decidere del proprio corpo, gli aborti negli Stati Uniti, secondo i dati dell'agenzia federale sanitaria dei Cdc, erano 615 mila l'anno. Nel 1990 raggiunsero il picco, 1,4 milioni, per poi scendere a 1,2 milioni sei anni dopo, e poi ancora a 885 mila nel '97 e 615 mila nel 2020, cioè l'anno in cui per la prima volta nella storia l'uso della pillola abortiva divenne il metodo piu' usato per l'interruzione di gravidanza: il 53 per cento. In genere, presa nelle prime dieci settimane. I "pro-life" chiederanno che la pillola venga bandita in tutti gli Stati Uniti.