AGI - A tre anni dall'annuncio del primo morto per "polmonite anomala", la malattia che avrebbe preso il nome da lì a poche settimane di Covid-19, la Cina è nel pieno della peggiore ondata di contagi dall'inizio della pandemia, tanto da spingere molti Paesi a imporre restrizioni ai viaggiatori cinesi, innescando le prime "contromisure" di Pechino.
L'11 gennaio 2020 le autorità sanitarie di Wuhan diedero la notizia del primo decesso, un uomo di 61 anni, morto per le complicazioni della malattia che lo aveva colpito. C'erano già stati 59 casi di contagio nella città dove si è registrato il primo focolaio noto del coronavirus, con 41 persone ricoverate in ospedale, e il mondo si stava chiedendo cosa stesse accadendo nella metropoli della Cina interna, dopo i primi casi di polmonite collegati a un mercato dove venivano venduti anche animali selvatici vivi, e che sorge a pochi chilometri dall'unico laboratorio di virologia della Cina classificato con il livello 4 di bio-sicurezza, il più alto.
Sarebbe stato l'inizio di dubbi sull'origine del virus e sugli esperimenti che venivano condotti nel laboratorio stesso: il Sars-Cov-2, come venne chiamato, si sarebbe diffuso in poche settimane in tutto il mondo, diventando una pandemia, dichiarata a marzo 2020 dall'Organizzazione Mondiale della Sanita'. I dubbi sull'origine del Covid-19, mai pienamente chiariti, diedero il via a speculazioni e tensioni diplomatiche, e anche oggi, a tre anni dal primo decesso, il virus e le sue varianti continuano a innescare preoccupazioni a livello internazionale.
La Cina ha abbandonato il mese scorso la politica della tolleranza zero verso il Covid-19, che aveva affondato l'economia e paralizzato la societa', e il virus, oggi libero di correre in Cina, ha causato in poche settimane milioni di contagi, il cui numero ufficiale non è noto, perché Pechino ha smesso di divulgare le informazioni quotidianamente.
I timori di nuove varianti hanno spinto diversi Paesi ad adottare misure restrittive verso i viaggiatori provenienti dalla Cina, e Pechino ha minacciato "contromisure", che sta già mettendo in atto: da ieri, le sedi diplomatiche cinesi di Seul e Tokyo hanno smesso di emettere visti per i viaggiatori da Corea del Sud e Giappone, che avevano imposto l'obbligo di presentare l'esito negativo del tampone effettuato non oltre le 48 ore precedenti all'imbarco per i viaggiatori in partenza dalla Cina.
Per Pechino le restrizioni sono frutto di "manipolazioni politiche" e costituiscono "pratiche discriminatorie" a cui la Cina si oppone, ma gli inviti di Pechino non riescono a placare la diffidenza internazionale verso la mancanza di informazioni affidabili dalla Cina. Dai dati forniti da Pechino non si evidenziano nuove varianti o il ricombinamento della variante Delta con la variante Omicron, e la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità, ieri, ha dichiarato che l'ondata di contagi non dovrebbe avere un "impatto significativo" sulla situazione epidemiologica in Europa, invitando i vari Paesi a non prendere misure "discriminatorie" nei confronti di chi arriva dal Paese asiatico. Intanto le autorità cinesi hanno nuovamente discusso con l'Oms della situazione sanitaria del Paese in video-conferenza.
Gli esperti dell'agenzia dell'Onu avevano espresso preoccupazioni per la situazione epidemica della Cina, in particolare per le pressioni a cui e' sottoposto il sistema sanitario e le lunghe code agli obitori e ai forni crematori. Nella video-conferenza di oggi, le due parti, rende noto la Commissione Nazionale per la Sanità cinese, "hanno condotto scambi tecnici sulla situazione epidemica, il trattamento clinico, il monitoraggio delle mutazioni del virus, le strategie di vaccinazione, e hanno concordato di continuare la comunicazione tra esperti sulle questioni tecniche".
Per la Cina, che si prepara alle festività del capodanno lunare, che cade il 22 gennaio prossimo, "non è necessario" dilungarsi sul numero esatto di morti per Covid-19: Liang Wannian, a capo del gruppo di esperti del governo cinese, ha minimizzato la polemica sui dati provenienti da Pechino. Secondo il nuovo metodo di calcolo, che comprende solo i casi di decesso per insufficienza respiratoria senza malattie pregresse, la Cina ha avuto solo 37 decessi per Covid-19 da dicembre scorso, ma il numero sarebbe molto più alto e già superiore a centomila, secondo le stime dell'istituto britannico che si occupa di dati sanitari Airfinity.
I contagi nel Paese si conterebbero nelle decine e nelle centinaia di milioni, secondo le stime delle stesse autorita' provinciali cinesi: nella provincia dello Henan circa novanta milioni di persone sarebbero gia' state contagiate. Nella provincia sud-occidentale del Sichuan, invece, oltre l'80% sarebbe stato contagiato, mentre a Shanghai a contrare il virus sarebbe stato circa il 70% dei residenti nella metropoli.