AGI - Il regime iraniano ha giustiziato un secondo manifestante, arrestato nell'ambito delle vaste proteste anti-governative, che da tre mesi attraversano il Paese, ponendo la maggiore sfida alla Repubblica islamica dalla sua fondazione nel 1979. Majidreza Rahnavard, 23 anni, è stato il primo dei manifestanti a essere impiccato "pubblicamente": condannato per "moharebeh", "guerra contro Dio", per aver accoltellato a morte due agenti delle forze paramilitari dei Basiji, e averne feriti altri quattro, Rahnavard è stato giustiziato questa mattina all'alba a Mashhad, secondo l'agenzia della magistratura Mizan Online.
Le esecuzioni pubbliche non sono frequenti in Iran: la prima, in due anni, era stata condotta a luglio nei confronti di un uomo, condannato per l'omicidio di un agente di polizia a Shiraz. Mizan ha pubblicato, sul suo sito, le foto dell'impiccagione di Rahnavard e le dichiarazioni soddisfatte di Gholam Ali Sadeghi, capo della magistratura locale, che ha ringraziato la polizia per "aver stabilito l'ordine e la sicurezza e essersi occupati di rivoltosi e delinquenti".
Nelle immagini si vede il corpo del giovane penzolare dalla gru installata, dicono le autorità, sulla strada dove il ragazzo avrebbe compiuto il crimine. Dalle foto si può vedere che l'esecuzione si è svolta alla presenza di molti agenti con il volto coperto. Secondo alcuni attivisti, si è trattato di una "messa in scena", con cui il regime tenta di dimostrare il sostegno della popolazione alle esecuzioni capitali di quelli che ritiene "terroristi fomentati dai nemici dell'Iran". Non è chiaro, precisamente, chi abbia assistito al macabro evento, visto che fino a poche ore prima non si sapeva neppure che Rahnavard fosse stato portato nel braccio della morte. Attivisti per i diritti umani non sapevano neppure fosse stato portato nel braccio della morte e la famiglia è stata avvisata a cose già fatte. "Abbiamo giustiziato vostro figlio e lo abbiamo sepolto", è stato lo scarno messaggio delle autorità ai parenti.
La mancanza di comunicazione con i famigliari non sorprende, visti i numerosi casi di giovani vittime della repressione, sepolti di nascosto per evitare che i funerali diventassero occasione di nuove proteste. Ad aumentare lo sdegno, è stato anche il fatto che Rahnavard è stato oggetto di un processo lampo, nella violazione dei suoi diritti di base: a porte chiuse, senza appello e senza l'assistenza di un legale di fiducia. Il ragazzo era stato arrestato solo 23 giorni fa, il 19 novembre, mentre cercava di lasciare il Paese, secondo Mizan. Non è un'esecuzione, ma un "omicidio di Stato", ha denunciato l'avvocato per i diritti umani, Saeid Dehghan su Twitter.
"Il procuratore, il giudice e il legale del caso Rahnavard", ha twittato, "erano di fatto il governo". L'esecuzione è avvenuta nonostante l'indignazione globale generata dall'impiccagione di un altro 23enne Mohsen Shekari, la settimana scorsa, e contro la cui morte sabato era stata organizzata una mobilitazione a livello mondiale. "Siamo davanti a una significativa escalation del livello di violenza contro i manifestanti", ha avvertito Mahmood Amiry, direttore di Iran Human Rights, con sede a Oslo.
"Il mondo deve mobilitarsi. La lista dei condannati a morte in attesa d'impiccagione è molto lunga ed è evidente che le autorità iraniane intendano procedere velocemente", è l'allarme lanciato dal portavoce di Amnesty International Italia, Riccardo Noury.
Almeno altre dieci, degli oltre 18 mila arrestati nell'ambito delle proteste, sono in attesa di essere giustiziati. "Queste esecuzioni sono un palese tentativo di intimidire le persone, non per aver commesso crimini ma solo per aver espresso le loro opinioni in piazza", ha denunciato la ministra degli Esteri tedesca, Annalena Baerbock, al suo arrivo al Consiglio Esteri a Bruxelles. "Adotteremo un pacchetto di sanzioni molto pesante contro Teheran", ha annunciato l'Alto rappresentante dell'Ue per la Politica estera, Josep Borrell.
La Repubblica islamica ha risposto già con misure restrittive contro individui e organizzazioni di alcuni Paesi Ue e del Regno Unito, per "le loro azioni deliberate a sostegno del terrorismo e dei gruppi terroristici". Mentre la violenza della repressione rischia di esacerbare la piazza e ci si interroga sul futuro del movimento di protesta che potrebbe radicalizzarsi, gli attivisti iraniani chiedono una reazione piu' decisa da parte della comunità internazionale, che comprenda prima di tutto il richiamo degli ambasciatori dell'Unione europea da Teheran e l'espulsione di quelli della Repubblica islamica in Europa.