AGI – Ci sarebbero anche gli oppioidi nell’arsenale a disposizione di Vladimir Putin per tentare di far fronte alle vittorie ucraine nel contesto della guerra scatenata dall’invasione russa. È quanto emerge da un nuovo studio pubblicato da “Jama” a prima firma di Eric Goralnick del Dipartimento di medicina di emergenza, Brigham and Women’s Hospital, USA. Goralnick ed il suo team hanno cercato di valutare il rischio di uso di armi non convenzionali da parte russa nel teatro ucraino alla luce dei dati disponibili sull’arsenale di Putin e sul suo recente utilizzo.
“Nonostante le norme contro l’uso di armi chimiche dell’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPCW), la ricerca russa sulle armi chimiche si è concentrata sullo sviluppo di organofosfati o agenti nervini altamente potenti – scrivono gli autori – L’ultimo decennio ha visto la Russia utilizzare questi agenti nei tentativi di assassinio degli Skripal e di Alexei Navalny attraverso l’introduzione nel cibo e nei vestiti. Questi agenti di quarta generazione (ad esempio, Novichok, un gruppo di agenti nervini) sono caratterizzati dalla loro letalità, dalle vie non convenzionali di avvelenamento e dalla persistenza ambientale a lungo termine.”
“Anche armi non convenzionali a base di oppioidi – proseguono i ricercatori – sono state usate durante il regime di Putin. Nel 2002, i terroristi ceceni hanno attaccato il teatro Dubrovka a Mosca, provocando una situazione di stallo con ostaggi. In risposta, le forze speciali russe hanno instillato un aerosol chimico nelle prese d’aria del teatro, rendendo inabili gli occupanti e provocando 125 morti. L’analisi degli indumenti di due vittime ha dimostrato la presenza di remifentanil e carfentanil, due potenti oppioidi, che probabilmente hanno portato a morte per avvelenamento. Sebbene meno pratici sul campo di battaglia, è plausibile che l’esercito russo possa utilizzare composti simili per causare gravi perdite tra soldati avversari, manifestanti politici o civili intrappolati in edifici, ospedali, metropolitane o rifugi antiaerei.”
Sfortunatamente non sarebbero solo le armi chimiche gli strumenti a disposizione delle azioni di terrore del regime di Putin. Vi rientrerebbero anche le armi biologiche e l’uso di radiazioni. Quanto alle prime: “I programmi dedicati agli agenti biologici della Russia dovrebbero includere l’antrace (Bacillus anthracis), la peste (Yersinia pestis), il botulismo (Clostridium botulinum) e il vaiolo (Variola major)”. Sul fronte radiazioni invece, chiariscono gli autori: “molti ritengono che potenziali attacchi o incidenti radiologici in Ucraina siano più probabili di un attacco nucleare e potrebbero derivare da danni all’infrastruttura dell’energia nucleare, dalla contaminazione ambientale da scorie radiologiche o dal rilascio deliberato di una ‘bomba sporca’ (vale a dire, di un dispositivo che combina un esplosivo con materiale radioattivo).”
A fronte di questi rischi i ricercatori fanno appello alle autorità nazionali e internazionali affinchè intervengano per preparare l’Ucraina e l’Europa ad affrontare le conseguenze dell’uso di queste armi. “Il mondo in conflitto – concludono – è diventato notevolmente più pericoloso e gli operatori sanitari potrebbero trovarsi in prima linea di fronte a sfide nuove e senza precedenti. Sebbene speriamo che queste osservazioni e raccomandazioni non debbano mai essere utilizzate, la storia recente della guerra chimica e delle minacce radiologiche nell’attuale ambiente geopolitico suggerisce che sono necessarie prontezza e risolutezza.”