AGI - In una delle scene più significative (e disturbanti) del film ‘Don’t look up’, un personaggio - evidentemente ispirato a Elon Musk - fa abortire la missione destinata a distruggere un asteroide diretto verso la Terra per non disperdere nello spazio un’immensa risorsa di minerali pregiati. Le conseguenze di questa scelta sono note a chi ha visto il film e facilmente immaginabili da chi non l’ha visto e sono il perfetto paradigma dell’avidità che governa le intenzioni meno nobili nascoste dietro la nuova corsa alla Luna.
I detrattori delle rinnovate ambizioni extraplanetarie dell’industria aerospaziale mondiale si affidano a un assioma molto semplice: se da mezzo secolo non torniamo sulla Luna ci sarà pure un buon motivo. I sostenitori delle suddette ambizioni, da parte loro, spiegano che le condizioni sono radicalmente cambiate rispetto a cinquant’anni fa e che quella che all’epoca era solo una sfida geopolitica – dopo che i sovietici erano stati a sorpresa i primi a mandare un uomo nello spazio, Kennedy aveva deciso che gli americani sarebbero stati i primi a portarne uno sulla Luna – ora si è trasformata in una competizione squisitamente economica, lì dove per economia si intende anche il controllo di risorse che finiranno per condizionare la geopolitica.
Perché tornare sulla Luna
Se si va sulla Luna alla ricerca di risorse, comunque, non lo si fa tanto da riportarle sulla Terra, ma per permettere la creazione di una base quasi autosufficiente per preparare il salto successivo: quello verso Marte.
Ma di cosa andranno in cerca sulla Luna i novelli conquistadores? Sulla carta materiali rari, tra cui un misterioso minerale riportato sulla Terra nel 2020 dalla missione cinese Chang’e-5 e contenente fosfato ed elio-3. Il primo è un nutriente importantissimo per le piante che potrebbe essere utilizzato nelle serre in cui coltivare il necessario a produrre vegetazione anche a scopo alimentare. Il secondo potrebbe essere usato come carburante.
Destinazione Marte
Ma prima ancora di andare alla ricerca di minerali rari, bisogna trovare l’acqua. Trasportarla sulla Luna è quasi impensabile e quindi gli sforzi si concentreranno sui metodi per estrarla dalle riserve presenti in forma di ghiaccio. Un ghiaccio molto particolare perché molto più freddo di quello che conosciamo per uso domestico e che bisogna ancora studiare approfonditamente. Servirà agli astronauti per avere acqua potabile, ma anche per produrre l’ossigeno per rendere abitabili le basi lunari e l’idrogeno che in futuro potrebbe servire ad alimentare i razzi diretti verso Marte.
Una sequela di fallimenti
Che Marte sia la destinazione finale e la Luna solo una tappa è un dato assodati, ma per capire cosa andrebbe a fare l’uomo sul Pianeta Rosso bisognerebbe riaprire il capitolo di cui sopra: lo sfruttamento delle risorse. C’è chi sostiene che sia un’impresa economicamente svantaggiosa, eppure negli anni si sono moltiplicate le aziende dedicate alle estrazioni minerarie extraterrestri.
C’era, ad esempio, ‘Planetary Resources’, creata nel 2009 nientedimeno che da James Cameron con i fondatori di Google, Larry Page ed Eric Schmidt, e con gli imprenditori aerospaziali Eric Andersen e Peter Dimandis.
Lo scopo era quello di estrarre minerali preziosi dagli asteroidi e raffinarli in forma di schiuma per portarli sulla Terra, ma anche di creare entro il 2020 un serbatoio orbitante per l’idrogeno prodotto con l’acqua estratta dagli asteroidi. È stata liquidata – il destino sa essere sarcastico – nel 2020.
Nel 2010 è stata create in Giappone iSpace, pensata per sfruttare le risorse idriche sulla Luna. Il suo lander Hakuto dovrebbe partire a giorni verso la Luna a bordo di un Falcon-9. Nel 2013 era stata fondata Deep Space Industries, per cominciare a estrarre minerali dagli asteroidi nel 2023, ma sei anni dopo è stata veduta alla Bradford Space che ne ha ridimensionato le ambizioni riportandola se non con i piedi sulla Terra, almeno in orbita: dovrà sviluppare sistemi di volo orbitale e componenti aeronautiche.
Nonostante la strada delle estrazioni minerarie sia costellata di fallimenti, proprio pochi mesi fa è stata creata AstroForge, un’azienda che sostiene di aver sviluppato una tecnologia apposita. Dopo un round di investimenti da 13 milioni di dollari chiuso a giugno, non si sono avute altre novità sulle sue attività.
Base Luna
Tornando sulla Luna, che – in forza anche del successo della prima missione Artemis – è l’obiettivo più a portata di mano, la sfida è creare una stazione spaziale usando quanto disponibile in loco. Prima fra tutti la polvere lunare, che dovrebbe essere usata come materiale da costruzione grazie alle stampanti 3D. Un’impresa non di poco conto, considerando quanto poco maneggevole siano i pulviscoli pieni di spigoli vivi e con una forte carica elettrostatica.
Resta sempre in piedi anche l’idea di creare una piccola centrale nucleare per garantire l’elettricità alla base lunare, ma per i prossimi anni l’obiettivo più a portata di mano è la realizzazione di ‘Gateway’, una stazione spaziale orbitante intorno alla Luna dalla quale fare su e giù con la superficie.
La Nasa ha già firmato un contratto co Northrop Grumman (la stessa, per intenderci, che ha prodotto il B-21 Raider, il primo bombardiere strategico dopo più di 30 anni) per lo sviluppo di un modulo abitativo e di uno energetico al quale si aggiungeranno componenti realizzati dall’Esa e da altre imprese private.