AGI - A tre settimane dalle elezioni presidenziali americane del 2020 Twitter svolse un ruolo di primo piano, oscurando lo scoop del New York Post sulle email segrete di Hunter Biden, figlio del candidato democratico Joe Biden. E l'operazione potrebbe essere stata fatta, probabilmente, su richiesta del team della campagna di Biden, spingendo gli addetti ai controlli sui contenuti dei post a violare alcune regole interne.
Ma in gioco c'era l'impatto sulla campagna elettorale. La storia è stata raccontata su Twitter con un lunghissimo thread dal giornalista freelance Matt Taibbi, collaboratore della rivista Rolling Stones, il cui scoop era stato annunciato più di un'ora prima da Elon Musk, con una serie di post che avevano mandato in fibrillazione milioni di follower del miliardario e proprietario del social.
File interni segreti sarebbero stati messi a disposizione della rete. Quello che è emerso è un sistema strutturato di controllo e revisione dei tweet, anche su richieste dettagliate partite da Washington: Taibbi premette che il rapporto diretto con il team di controllo di Twitter ce lo avevano entrambi i partiti, e la stessa Casa Bianca, sotto Donald Trump, aveva fatto richieste per censurare alcuni post e account, e le richieste "erano state accolte e soddisfatte".
Ma il giornalista suggerisce che i "revisori" avrebbero finito per sbilanciare il loro intervento a favore dei Democratici, considerato che la stragrande maggioranza dei dipendenti risultava formata da "donatori alla campagna democratica".
Quello che Musk e Taibbi vogliono mettere in evidenza è come il sistema fosse andato "fuori controllo", anche all'insaputa degli stessi vertici della piattaforma. L'allora Ceo di Twitter, Jack Dorsey, in un'email interna aveva definito la "soppressione" delle notizie su Hunter Biden "più grave della stessa storia".
La pubblicazione di uno screenshot della email ha fatto cadere Taibbi in un errore grave per un giornalista, quello di violazione della privacy: nell'immagine ha lasciato scoperta la email di Dorsey, cancellata in apertura di email ma rimasta nella coda della lettera. La foto è stata poi cancellata, ma probabilmente, considerata la prontezza del popolo web, non è più segreta. Un inciampo in una storia di luci e ombre.
Il giornalista parla di "racconto alla Frankenstein di un meccanismo costruito dagli umani ma sfuggito al controllo dei suoi stessi progettisti". "Celebrità o sconosciuti - aggiunge - potevano essere rimossi o analizzati su richiesta di un partito politico".
Tra i personaggi famosi finiti sotto la lente di Twitter nell'ottobre 2020 viene citato l'attore e sostenitore trumpiano James Woods. In una email interna appare una richiesta di "controllo" su una serie di account, messi in elenco, e quella richiesta arriva dal "Biden team".
Da Twitter rispondono che se ne sarebbero occupati. Taibbi fa capire che lo stesso accadeva anche dalla campagna di Trump, ma documentarlo avrebbe un po' smorzato l'impatto della storia di oggi. E il cuore di questa è lo scoop sul figlio di Biden, che si dipana in più atti.
"Il 14 ottobre 2020 - scrive il giornalista - il New York Post pubblicò la storia delle email segrete, emerse dal computer abbandonato di Hunter Biden". "Twitter - continua - intraprese passi eccezionali per sopprimere la storia e rimuovere i link". I tecnici della piattaforma avrebbero bloccato anche la trasmissione del link con l'articolo attraverso messaggio diretto, utilizzando una misura adottata solo in casi estremi, tipo i contenuti pedopornografici.
"La portavoce della Casa Bianca Kaleigh McEnany - continua il giornalista - non potè accedere al suo account per rilanciare la storia". Questo provvedimento aveva portato un membro dello staff della campagna di Trump, Mike Hahn, a inviare una furiosa lettera di proteste a Twitter: "Kayleigh McEnany - aveva scritto - è stata bloccata dall'accedere al suo account per il semplice fatto di aver parlato della storia del New York Post. Tutto ciò che aveva fatto era citare la storia e notizie riportate da altre testate e non contestate dalla campagna di Biden. Ho bisogno immediatamente di una risposta su quando e come verrà sbloccata".
Hahn chiedeva come nessuno lo avesse informato di questa politica di Twitter di censurare notizie di giornali. "Pretendo almeno - si concludeva l'email - che ve ne occupiate nei prossimi venti giorni". Cioè la finestra temporale che avrebbe portato all'Election Day. La email di protesta aveva spinto Caroline Strom, responsabile della policy pubblica di Twitter, a chiedere al team interno che cosa fosse successo. Una analista le aveva risposto: "L'account è stato bloccato per aver violato la policy sul materiale hackerato".
Ma al momento, racconta Taibbi, nessuno sapeva con certezza se la storia delle email di Hunter Biden fosse frutto di un hackeraggio oppure, come sarebbe in effetti risultato dopo, era emersa solo perchè il figlio del candidato aveva dimenticato il computer in un negozio di riparazioni.
Comunque alla fine, e forse non è proprio quello in cui sperava Musk, a uscirne rafforzati sono gli ex vertici di Twitter, perchè Dorsey emerge come colui che non aveva gradito la connivenza tra i controllori e gli staff delle due campagne.
Taibbi, in coda al thread, ribadisce che l'ex Ceo aveva avviato un'analisi interna. Chissà se basterà a fargli accettare il fatto che la sua email personale è stata messa in piazza davanti a milioni di utenti. Ma la storia sembra solo la prima puntata. Musk in nottata ha tenuto svegli i suoi più di 119 milioni di follower con un annuncio: "Sintonizzatevi domani per l'Episodio 2 di The Twitter Files".