AGI - Un incendio che ha causato la morte di 10 persone nella regione dello Xinjiang, in Cina, ha scatenato un'ondata di rabbia per la politica "zero covid" del regime, in un momento in cui la crescente frustrazione per la politica nei confronti del virus ha innescato proteste anche in altre città.
L'incendio è divampato giovedi' notte al quindicesimo piano di un edificio residenziale a Urumqi, la capitale regionale, innescato - secondo l'emmitente locale Cctv - da una presa elettrica nella camera di uno degli occupanti; e solo circa tre ore dopo i vigili del fuoco sono riusciti a spegnere le fiamme ed estrarre nove feriti. E subito è scoppiata la protesta sui social web cinesi, nonostante la pesante censura.
È spuntato infatti un video che mostra un camion dei pompieri che irrora l'edificio con l'acqua da lontano perché non può avvicinarsi perché la zona è confinata. In una conferenza stampa, le autorità locali hanno assicurato che il camion ha avuto difficoltà a raggiungere l'edificio perchè la strada era occupata da veicoli in sosta e hanno precisato che l'isolato il giorno prima era stato classificato come "zona a basso rischio" e che gli abitanti erano potuti uscire gradualmente a partire dal 20.
Ma secondo il quotidiano di Hong Kong, South China Morning Post, i database delle zone a rischio della Commissione nazionale salute dello Xinjiang non mostrano affatto che l'area di Jianxiang - dove si trovava l'edificio - fosse stato cambiato in "zona a basso rischio". Non solo: le autorità hanno sostenuto che l'incendio si è propagato perchè la porta tagliafuoco era aperta e che alcuni dei residenti non sono riusciti a fuggire perché non conoscevano le uscite di emergenza.
La rabbia social
L'accaduto ha suscitato un polverone sul web. Secondo il portale specializzato What's on Weibo, le tag con cui gli internauti hanno discusso della conferenza stampa su Weibo - il social network equivalente locale di Twitter, che è censurato nel Paese- sono state utilizzate più di 160 milioni in soli 30 minuti. Secondo lo stesso portale, un'altra delle tag che alludevano all'incendio ha ricevuto piu' di 1 miliardo e mezzo di visualizzazioni ma non era nella lista delle tendenze, il che fa pensare che fosse stata cassata dai censori della piattaforma.
Alcuni dei messaggi pubblicati dagli utenti offrono le condoglianze per i morti, ma mostrano anche l'indignazione per il fatto che queste persone abbiano trascorso gli ultimi 100 giorni della loro vita confinate nelle loro case. Uno dei commenti ha paragonato l'evento alla morte di 27 persone in un incidente d'autobus lo scorso settembre nella provincia di Guizhou, persone che venivano trasferite all'alba in un centro per la quarantena: "La storia si ripete ancora una volta, e sono le persone comuni che pagano il prezzo".
Un altro video mostra quella che sembra una protesta avvenuta venerdi' notte per le strade di Urumqi: da una parte centinaia di persone riunite fuori dagli uffici del governo locale a Urumqi che chiedono la fine del lockdown, dall'altra un funzionario governativo, megafono alla mano, cerca di calmarli. All'indomani dell'accaduto e dopo l'ondata di indignazione, il governo di Urumqi ha annunciato stamane che la città è riuscita a fermare la trasmissione del coronavirus e che "ripristinerà gradualmente la normalità nelle aree a basso rischio".
Tuttavia, sottolineano le autorità, restano ancora alcune aree considerate "ad alto rischio" di contagio che rimarranno confinate poichè "i risultati della (campagna per) la prevenzione e il controllo (dei contagi da covid) devono essere continuamente consolidati". Nonostante dunque l'impatto economico e il crescente malcontento di alcuni settori della popolazione, le autorità rimangono ancorate alla politica 'zero covid', che a loro dire è la soluzione "più economica e scientifica" e che ha salvato milioni di vite.