AGI - Il vero protagonista del vertice del G20 a Bali è stato sicuramente lui, Xi Jinping. Il presidente cinese è tornato al centro della scena diplomatica mondiale con una girandola di incontri ad alto livello, a partire da Biden, forte del terzo mandato alla guida del Partito comunista cinese. Un occhio all'Occidente e un fianco alla Russia, Xi, in procinto di incontrare il premier italiano Giorgia Meloni, ha saputo sfruttare il vertice indonesiano per smussare gli angoli e ammorbidire gli umori di chi oggi percepisce la Cina come una minaccia mondiale.
Ma a Bali è arrivato 'forte' un altro leader mondiale, Joe Biden, dopo l'inaspettato risultato alle elezioni di Midterm. La missione: quella di unire tutto il mondo nella condanna della Russia e dell'invasione dell'Ucraina. Poi i grandi 'mediatori' della guerra, ognuno a modo suo: Emmanuel Macron e Recep Tayyip Erdogan.
Il primo stretto nella morsa di una maggioranza risicata in patria e di una crisi sui migranti in atto, desideroso di trovare il palcoscenico giusto per ristabilire gli equilibri di una Francia dei diritti e delle libertà. Il secondo reduce da un attentato atroce a Istanbul che, in fondo, non fa altro che rimarcare il suo strenuo ruolo di argine al terrorismo internazionale.
Infine il 'sostituto' Lavrov, il ministro degli Esteri russo, subentrato al presidente Vladimir Putin che ha lasciato fino all'ultimo in forse la sua partecipazione al summit. Lo sforzo della Russia di evitare l'isolamento minacciato alla vigilia del summit G20 è gravato tutto sulle sue spalle: da una parte la freddezza dei leader occidentali - la tradizionale foto di gruppo del summit è stata rimandata proprio per la contrarietà di europei e americani a farsi ritrarre con l'inviato di Putin - dall'altra la cautela di alleati tradizionali, come Cina e India, che hanno espresso preoccupazione per la guerra e le sue conseguenze economiche. Emblematico in suo ingresso al vertice sulle notizie (rivelatesi 'falsè) di un ipotetico ricovero sull'isola indonesiana per problemi cardiaci. Lavrov si è fatto riprendere dalla sua portavoce in t-shirt e bermuda, sorridente, per smentire la sua ospedalizzazione.
Il ritorno di Xi, disgelo con occidente in pressing
Al summit del G20, Xi è tornato sui grandi temi che promuove da tempo: il no di Pechino allo scontro tra blocchi e alle divisioni, in un momento di "tremende sfide" allo sviluppo globale, e l'appello a revocare le sanzioni unilaterali, che sembra strizzare l'occhio a Putin, e le restrizioni alla cooperazione.
Un'azione diplomatica a tutto tondo, quella di Pechino, che ha implicitamente l'obiettivo di ricucire alcuni rapporti importanti - come quello con l'Australia e il Giappone (nei prossimi giorni) - e di mettere da parte i tanti capitoli di attrito con l'Occidente: dalle violazioni dei diritti umani ai danni degli uiguri, alla repressione a Hong Kong, fino alle tensioni con Taiwan e alle critiche sulle pratiche economico-commerciali cinesi.
La guerra in Ucraina e il rapporto con l'Unione Europea hanno avuto un ruolo prioritario negli incontri di oggi di Xi a margine del summit di Bali, dove il padrone di casa, il presidente indonesiano Joko Widodo, ha pronunciato un forte appello per fermare il conflitto in corso.
La realpolitik di Biden, rafforzato dal voto
L'inatteso risultato delle elezioni di medio termine, che non ha visto materializzarsi "l'onda rossa" prevista da molti sondaggisti, ha consentito al presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, di presentarsi al G20 di Bali non da "anatra zoppa" ma con un profilo rafforzato e più aperto al dialogo. Unire tutti gli altri 19 membri del blocco in una decisa condanna dell'invasione russa dell'Ucraina non era un obiettivo realistico.
Le indiscrezioni su contatti, a vari livelli, tra Washington e Mosca filtrate nei giorni scorsi dalla stampa americana hanno lanciato però un messaggio molto chiaro: la Casa Bianca non intende più logorare quanto più possibile il Cremlino (o, quantomeno, ritiene di averlo fatto a sufficienza) ma intende avere un ruolo più da mediatore e meno da parte in causa. Anche a costo di moderare le ambizioni di Kiev, i cui successi continuano a essere inscindibili dai generosi aiuti militari ricevuti da oltreoceano.
È infatti altrettanto mirata la diffusione sui media di voci che vogliono gli Usa premere sull'Ucraina perchè abbandoni l'obiettivo dichiarato di riconquistare la Crimea, la "linea rossa" varcata la quale Mosca potrebbe denunciare una "minaccia esistenziale", con quel che ne consegue in termini di possibile ricorso ad armi nucleari tattiche.
Si tratta di un autentico cambio di paradigma rispetto all'anno scorso, quando Biden descriveva un mondo diviso tra democrazie e autocrazie. L'invasione dell'Ucraina ha pero' imposto un bagno di "realpolitik" e la priorità in politica estera è tornata quella che fu di Richard Nixon: scongiurare un'eccessiva saldatura tra Mosca e Pechino. Se sulla carta Russia e Cina sono legate da un'amicizia "senza limiti".
Il pressing di Macron che spinge per condanna della Russia
Convincere la comunità internazionale a condannare fermamente in maniera congiunta l'offensiva russa in Ucraina. È questo l'obiettivo del presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, al vertice del G20 in corso a Bali. Lo ha mostrato innanzitutto nella telefonata di 43 minuti avuta con il presidente cinese Xi Jinping, finora molto reticente rispetto alle scelte del Cremlino.
"Occorre unire le nostre forze per rispondere contemporaneamente alle grandi sfide internazionali. Quella del clima, innanzitutto, ma anche la guerra lanciata dalla Russia in Ucraina", ha dichiarato Macron all'inizio del colloquio bilaterale, sostenendo che il G20 deve avere lo scopo di "ridurre le tensioni che esistono nel contesto internazionale e permettere di costruire una vera stabilità" riportando la pace "ovunque si sia insediato il conflitto".
In realtà l'Eliseo aveva dato indizi del suo atteggiamento già venerdi' scorso, indicando in una nota che la Francia attende un messaggio forte del 'club dei venti' nei confronti della Russia, la quale deve entrare al piu' presto "nell'ottica di una de-escalation".
L'attivismo di Erdogan
Avrebbe certamente evitato di partire per il G20 di Bali il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, salito sul volo di stato appena due ora dopo il tremendo attentato che ha colpito nel cuore di Istanbul uccidendo sei persone e ferendone decine. Non si trattava peroò di un viaggio a cui Erdogan si è potuto sottrarre, cosi dopo aver convocato una conferenza stampa straordinaria in aeroporto per aggiornare sul bilancio dell'attentato e fornire i primi particolari ("una donna ha avuto un ruolo"), al leader turco non è rimasto nient'altro da fare che dare istruzioni ai suoi, delegare i propri poteri al suo vice, Fuat Oktay, e partire per l'Indonesia.
Come altri anche il presidente turco è arrivato a Bali con un fiore nell'occhiello: l'incontro storico ad Ankara tra le intelligence americana e russa, opera del suo continuo lavoro di mediatore nella crisi ucraina. Forse questo faccia a faccia tra Burns e Narishkin non ha fatto parte dell'incontro di oggi con il presidente americano Biden, come è probabile che i due abbiano parlato dell'esplosione di domenica. È anzi da sottolineare che l'inquilino della Casa Bianca ha porto le condoglianze per l'attentato di Istanbul, dopo che ieri il ministro degli Interni aveva respinto al mittente le condoglianze giunte dagli Usa. Ma non solo, Biden ha definito "importante" il ruolo della Turchia nell'allargamento Nato, garantito che sosterrà la vendita ad Ankara dei 40 jet da guerra F16 su cui Erdogan spinge da mesi dopo le pressioni della Grecia sul Congresso Usa per negare gli aerei.
Il presidente americano ha poi ringraziato Erdogan per il ruolo svolto nel mantenere in vita l'accordo per il corridoio del grano. Intesa che ha vacillato appena due settimane fa dopo che la Russia aveva annunciato la sospensione unilaterale della propria partecipazione, chiedendo nuove garanzie. Garanzie che Erdogan ha poi fornito, convincendo Mosca a rientrare nell'accordo.
Incontro di diverso peso, ma di innegabile importanza, è quello che Erdogan ha avuto poi con il principe saudita Mohamed Bin Salman (MBS). Un faccia a faccia su cui la presidenza turca ha mantenuto il più totale silenzio, ma che certifica la ripresa dei rapporti tra i due Paesi dopo la rottura scaturita dall'omicidio del giornalista Jamal Khashoggi nel consolato saudita di Istanbul a ottobre 2018.
Lavrov e l'impresa di evitare l'isolamento
Lo sforzo della Russia di evitare l'isolamento minacciato alla vigilia del summit G20 è gravato tutto sulle spalle del ministro degli Esteri, Serghei Lavrov. A capo della delegazione da Mosca, dopo la decisione del leader del Cremlino di non partecipare, Lavrov ha dovuto far fronte alla freddezza dei leader occidentali - la tradizionale foto di gruppo del summit è stata rimandata proprio per la contrarietà di europei e americani a farsi ritrarre con l'inviato di Putin - ma anche alla cautela di alleati tradizionali, come Cina e India, che hanno espresso preoccupazione per la guerra e le sue conseguenze economiche.
Accolto a Bali dal 'giallo' di un suo breve ricovero sull'isola indonesiana per problemi cardiaci, Lavrov si è fatto riprendere dalla sua portavoce in t-shirt e bermuda, sorridente, per smentire la sua ospedalizzazione.
"Sto lavorando al documento finale" del vertice, ha detto ieri, mentre oggi ha denunciato che l'Occidente "ha tentato di politicizzare" il comunicato conclusivo del summit, insistendo nell'inserirvi la condanna dell'operazione russa in Ucraina. Secondo una bozza circolata sui media internazionali, nel testo è inserita la formulazione secondo cui "la maggior parte" dei membri condanna fermamente la guerra.