AGI - Le manifestazioni in corso in Iran da cinque settimane e gli arresti di alcuni cittadini stranieri, tra cui la nostra connazionale Alessia Piperno, eseguiti dalle autorità convinte di infiltrazioni esterne nel movimento di protesta, hanno avuto un riflesso anche sulla cooperazione culturale dell'Europa con Teheran: al momento, risulta sospesa o in alcuni casi almeno molto rallentata, l'emissione dei visti per i membri delle missioni archeologiche impegnate in alcuni dei siti più importanti del Paese, tra cui quella co-diretta dall'Italia nella regione del Fars, la culla della civiltà persiana.
È il professor Pierfrancesco Callieri a codirigere la missione congiunta - avviata nel 2005 dall'Università di Bologna, in collaborazione con l'Istituto di ricerca iraniano per il Patrimonio culturale e il turismo, l'Università di Shiraz, l'Ismeo-Associazione Internazionale di Studi sul Mediterraneo e l'Oriente e la Direzione generale per la Promozione e cooperazione culturale del ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale. "Circa 15 archeologi e archeologhe del nostro team, me compreso, sono in attesa del visto", racconta Callieri all'AGI, dicendosi "ottimista" e augurandosi che "presto la situazione si sblocchi anche per l'alta considerazione che le autorità iraniane danno al lavoro degli italiani in loco".
"Ci siamo sempre preoccupati anche della conservazione dei siti scavati e non solo delle attività degli scavi, cosa non frequente tra gli archeologi europei", spiega. Docente di Archeologia e Storia dell'arte iranica all'Università di Bologna e membro dell'Ismeo, Callieri sta lavorando - "con collegamenti a distanza e videoconferenze condivise dal team iraniano guidato dal co-direttore iraniano Alireza Askari Chaverdi, che ha iniziato da poco lo scavo" - su una delle più importanti testimonianze archeologiche relative al periodo achemenide: la Porta monumentale di Tol-e Ajori ('Collina di mattoni'), replica persiana di quella di Ishtar di Babilonia, individuata nell'area di Bagh-e Firuzi, a pochi chilometri dalla Terrazza di Persepoli. Ritenuta probabilmente opera di Ciro il Grande o di Cambise e comunque anteriore a Dario I, la Porta è destinata a diventare un museo, "un passo importante della cooperazione culturale tra i nostri due Paesi".
I lavori delle missioni congiunte in campo archeologico in Iran erano già stati sottoposti, nella scorsa primavera, a una valutazione da parte della nuova dirigenza nominata dall'amministrazione conservatrice del presidente conservatore, Ebrahim Raisi. "I nuovi vertici dell'Istituto di ricerca iraniano per il Patrimonio culturale hanno voluto visitare di persona gli scavi, verificare gli interventi di conservazione ed esaminare le pubblicazioni prodotte", racconta Callieri, che col collega iraniano Chaverdi aveva superato l'esame e poi ottenuto il via libera a riprendere i lavori, ora di nuovo sospesi, però, sulla scia delle manifestazioni.
"Adesso è il ministero degli Esteri che ha sospeso il rilascio dei visti a tutti gli studiosi stranieri", spiega, "probabilmente una misura precauzionale, per evitare che succedano altri incidenti diplomatici, come gli arresti di cittadini stranieri". "Le autorità iraniane considerano la collaborazione con l'Italia e in particolare con la missione UniBo-Ismeo esemplare e sono fiducioso che la situazione si sbloccherà", auspica l'archeologo, consapevole comunque che molto dipenderà dall'evoluzione del movimento di protesta.
In prima linea nelle manifestazioni che stanno attraversando la Repubblica islamica ci sono giovani donne, che chiedono più diritti. Anche se, a suo dire, "in buona parte il malcontento di oggi nel Paese è esacerbato dalle gravi condizioni economiche causate dalle sanzioni americane ed europee", Callieri riconosce alle donne iraniane "forza e capacità incredibili".
"Sono più impegnate e serie dei colleghi maschi, forse anche perchè devono dimostrare alla società quanto valgono, mentre per un uomo è scontato", fa notare l'archeologo che lavora in Iran da quasi 20 anni. D'altra parte, le donne dell'antica aristocrazia persiana - "le uniche di cui gli storici parlano" - erano molto attive e autonome, racconta Callieri: "In epoca achemenide (tra la fine del VI e la fine del IV sec. a.C.), le mogli di re e principi erano autorizzate a dare ordini sulla cessione da parte delle tesorerie imperiali delle razioni di nutrimento e bevande per chi veniva inviato in lontane località dell'Impero a compiere missioni. In quel momento storico, possiamo dire che la loro era una posizione migliore anche delle donne dell'Occidente e cio' era motivo di grande stupore per i Greci, tra i quali per quanto ne sappiamo le donne difficilmente avevano responsabilità così importanti".
Anche nell'impero dei Sasanidi (III-VII sec. d.C.) le donne godevano di un ruolo importante e la Persia ha addirittura avuto due "regine regnanti al posto di un re", conclude Callieri: Boran (629-631 d.C.) e Azarmigdokht (631 d.C.), i cui austeri ritratti compaiono sul dritto delle monete emesse durante i loro regni"