Erdogan e Xi dimenticano uiguri e ripartono insieme
AGI - Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha avuto un faccia a faccia di poco più di 30 minuti con il collega cinese Xi Jinping nella residenza estiva del presidente dell'Uzbekistan, a Samarcanda, in occasione del vertice dell'organizzazione per la Cooperazione di Shangai, cui la Turchia partecipa da Paese osservatore.
I rapporti tra i due Paesi sono stati ciclicamente avvelenati dalla questione degli uiguri, minoranza turcofona e musulmana originaria dello Xinjiang, estesissima regione al confine ovest della Cina, dove gli uiguri sono soggetti a politiche di inglobamento etnico e oppressione per motivi religiosi.
Circa mezzo milione di uiguri hanno trovato negli anni asilo in Turchia, un Paese che li ritiene cugini e in cui la vicinanza culturale con i turchi non manca di essere enfatizzata.
Erdogan era stato sul punto di siglare con la Cina un trattato relativo l'estradizione degli oppositori uiguri in Turchia due anni fa, salvo fare marcia indietro, convinto dalle polemiche immediatamente scatenate dall'opinione pubblica all'interno del Paese.
Nessun accenno alla minoranza è stato fatto al termine dell'incontro, segno che i due Paesi hanno scelto di ignorare una questione che per Turchia e Cina rappresenta solo un motivo di tensione, senza possibilità di compromessi e controproducente per gli interessi dei due Paesi.
Pechino, più di Ankara ha guardato al potenziale economico legato alla posizione dell'Afghanistan e ha rilanciato il progetto per la costruzione di strade e collegamenti in un tassello dimenticato dell'antica via della Seta.
Un progetto che riguarda anche la Turchia, non (per ora) in Afghanistan, ma nel suo complesso, alla luce del fatto che il progetto turco del "Corridoio di Mezzo" è complementare alla strategia cinese e al piano di sviluppo infrastrutturale “Belt and Road" di Pechino lungo l'intera Via della Seta.
Un progetto destinato a moltiplicare le possibilità di collaborazione tra i due Paesi in ambito economico, commerciale e anche energetico. Ankara e Pechino hanno dimostrato negli anni di utilizzare le infrastrutture come il cavallo di Troia per investimenti.
Un esempio è dato da quanto avvenuto in Africa, dove gli investimenti operati dai due Paesi hanno portato ad appalti e concessioni in ambito energetico e minerario, i primi fondamentali per Ankara, i secondi vero obiettivo di Pechino (come l litio ndr).
Cina e Turchia si sono infatti riavvicinate durante la pandemia, quando Ankara si è trovata costretta a virare sul vaccino cinese TurcoVax a inizio 2021, quando per i primi 4 mesi dell'anno la Turchia ha atteso il primo carico di Pfizer.
Erdogan al termine dell'incontro ha sottolineato gli importanti progressi nelle relazioni tra i due Paesi, progressi per cui il covid ha rappresentato un nuovo inizio.
Il leader turco ha rilanciato uno schema caro alla Turchia negli ultimi anni che prevede la costituzione di tavoli di lavoro che spianino la strada ad accordi di alto livello per incrementare la cooperazione e gli investimenti. Uno schema che si potrebbe definire la via turca allo sviluppo dei rapporti con Paesi con cui Ankara condivide interessi e strategie economici, ma non solo.
Ankara e Pechino stringono i loro rapporti anche per presentarsi unite in contesti internazionali che vanno oltre l'Organizzazione per la Cooperazione di Shangai.
Il G20 e le Nazioni Unite sono infatti consessi in cui la Turchia di Erdogan si presenta ormai sempre più forte, portatrice di nuove istanze di cambiamento che l'appoggio di Pechino non può non contribuire ad affermare, mentre per la Cina stringere i rapporti con una Turchia la cui importanza sul piano internazionale è in continua crescita non può far che far comodo.
Dell'incontro i due leader hanno sottolineato la necessità di "incrementare e lavorare sulla fiducia reciproca", la base della cooperazione strategica che tra i due Paesi può essere decisiva in Asia Centrale, Afghanistan incluso, in Africa, dove entrambe sono forti e presenti, ma soprattutto in ambito internazionale, per consolidare un blocco di forza e potere alternativo a quello occidentale guidato dagli Usa.