AGI - Gli Emirati Arabi Uniti bussano alla porta della Turchia per i droni TB2 Bayraktar, prodotti dalla Baykar, azienda leader del settore diretta da Haluk e Selcuk Bayraktar, quest'ultimo brillante ingegnere che ha sposato la figlia più piccola del presidente turco Recep Tayyip Erdogan.
In base a quanto riportato dai media turchi il dialogo va avanti dallo scorso marzo, sull'onda di una normalizzazione dei rapporti tra Turchia ed Emirati sancita da una visita ad Ankara dello sceicco Mohamed Bin Zayed al Nayhan lo scorso novembre.
Uno dei capitoli aperti dl governo di Ankara negli scorso mesi, vale a dire da quando Erdogan ha deciso di riavvicinarsi a Emirati, Arabia Saudita, Israele, Egitto e Armenia.
Un accordo di portata non indifferente, si parla infatti di 120 droni con tanto di munizioni, centri di controllo e comando e programmi di addestramento, un pacchetto che potrebbe toccare i 2 miliardi di dollari e che comprende in un secondo momento anche un centro di produzione di componenti da avviare direttamente negli Emirati.
Una parte importante della normalizzazione tra i due Paesi. Dopo il riavvicinamento infatti gli Emirati hanno investito miliardi di dollari per finanziare sviluppo tecnologico e startup turche, specialmente in ambito sanitario, stanziando anche un fondo di 10 miliardi d dollari, piuù un accordo di scambio del valore di 5 miliardi di dollari, mentre un trattato di libero scambio tra i due Paesi è sul tavolo.
Ossigeno per l'economia turca, strozzata da una dura crisi
Proprio gli Emirati e la Turchia si erano trovate su diversi fronti nella guerra in Libia, quando i Bayraktar forniti da Ankara a Tripoli sbaragliarono i droni cinesi Wing Loon II che gli Emirati inviavano ai militari di Khalifa Haftar.
Il mese scorso l'amministratore delegato della Baykar, il fratello maggiore Haluk, ha rivelato che la propria azienda può produrre 20 droni al mese e che al momento ha ordini per i prossimi 3 anni, ma non ha reso noti, come d'abitudine, i dati delle vendite.
L'ingombrante vicinanza con la famiglia Erdogan
Prima degli Emirati sono state Serbia, Slovacchia e Lettonia gli ultimi tre Paesi che hanno chiesto ad Ankara gli ormai celebri droni da guerra turchi, saliti definitivamente alla luce della ribalta con le perdite inflitte all'esercito russo.
Segno evidente di come l'industria bellica turca continui a crescere; negli ultimi anni i droni da guerra TB2 hanno preso a volare dal mar Baltico all'Etiopia, dal Qatar al Caucaso. Con Lettonia e Slovacchia diventeranno tre i Paesi Nato a poter fare affidamento ai droni di Ankara, dopo la Polonia.
Se mai avessero avuto ancora bisogno di pubblicità i droni turchi hanno conquistato l'ennesima ribalta negli ultimi mesi, in particolare dopo che l'esercito ucraino ha pubblicato un video collage di attacchi realizzati a scapito dell'esercito russo nel Donbass proprio dai Bayraktar, che nell'area hanno dato un importante sostegno alla resistenza ucraina sin dal 2014 e sono divenuti celebri presso la popolazione ucraina che ha dedicato ai droni canzoni e slogan.
Ulteriore conferma di un successo che ricalca quanto avvenuto nella guerra in Nagornio Karabakh, dove i droni di Ankara hanno permesso di sopperire alle carenze dell'esercito dell'Azerbaigian consentendogli di riconquistare terreno e posizioni a scapito dell'Armenia. Prima ancora, come accennato, i Bayraktar avevano letteralmente ribaltato le sorti del conflitto in Libia, respingendo le milizie del generale Haftar quando queste premevano alle porte di Tripoli.
"Il popolo ucraino resiste e lotta per difendere il proprio territorio, se i nostri droni servono a questo fine è un bene. Ora siamo giunti al punto in cui il TB2 è il drone più venduto al mondo e la Turchia è nella top 3 mondiale per lo sviluppo di velivoli senza pilota". ha dichiarato Selcuk Bayraktar in una recente intervista, dopo che 3 droni sono stati regalati all'esercito ucraino.
Dopo l'esordio del 2012 sono ormai 13 i Paesi che utilizzano i Bayraktar, ma destinati a diventare presto almeno 19. I droni turchi sono stati negli ultimi anni una delle principali armi di soft power utilizzato da Erdogan in Africa dove nei prossimi due anni si moltiplicherà il numero dei Paesi che li inserirà nei propri inventari.