AGI - In tutto il mondo, il cambiamento climatico sta spingendo gli Stati a concentrare i propri sforzi sulla salvaguardia dell'ambiente. A questo proposito, il Costa Rica sembrerebbe essere all'avanguardia. Nel 2019, il Paese ha adottato un piano promettendo di mostrare al mondo come potrebbe essere un futuro a zero emissioni di carbonio, attraverso la riforestazione.
Ne parla in un servizio il francese France Soir, in cui si legge che “oggi, quasi il 60% del territorio del Costa Rica è tornato ad essere foresta” anche se “il compito è particolarmente complesso per questo paese che negli anni '40 era ricoperto per il 75% da foreste tropicali ma nel 1987 metà della copertura forestale venne distrutta.
Il punto di forza di questo rinnovato impegno del Costa Rica a tutela del suo territorio è che dal 1986 “ha reso illegale l'abbattimento delle foreste senza l'approvazione delle autorità”, scrive Frace Soir, e questa attività si giustifica solo “per la coltivazione di colture e l'allevamento di bestiame”.
Nel 1997, poi, “il governo ha introdotto uno schema per pagare gli agricoltori per proteggere i bacini idrografici, preservare la biodiversità o catturare l'anidride carbonica. Questo importante capovolgimento politico del Paese è in netto contrasto con il resto dei tropici, dove i tassi di deforestazione stanno salendo alle stelle”. Basti pensare all’Amazzonia.
Per Carlos Manuel Rodríguez, ministro dell'Ambiente e dell'Energia del Costa Rica, “l’idea di compensare economicamente gli agricoltori per proteggere l'ambiente è senza dubbio l'opzione più efficace”, si legge, mentre Stewart Maginnis, direttore globale del gruppo per le soluzioni basate sulla natura presso l'Unione internazionale per la conservazione della natura (IUcn), ha invece detto alla Galileus Web, che “l'esempio di questo paese è difficile da replicare altrove” perché sono pochi i paesi che hanno una politica ambientale vecchia, coerente e omogenea come il Costa Rica.
“Lì, il rimboschimento risponde a una combinazione di volontà politica, passione ambientale e turismo, che ha permesso al paese di diventare un pioniere nel rimboschimento”, conclude France Soir.
Ma sul tema del rimboschimento la comunità scientifica internazionale è divista, come dimostra anche la recente intervista all’Agi del professor Francesco Spada, già docente alla Sapienza di Roma di Botanica sistematica e Fitogeografia, disciplina che studia perché e dove le piante vivano dove vivono, e oggi “studioso ospite” presso l’Istituto di Ecologia Vegetale e Genetica dell’Università di Uppsala in Svezia, secondo il quale “in primo luogo il rimboschimento non porta alla ricostituzione della copertura forestale iniziale”.
In particolare dopo una distruzione o un incendio, anche perché “le specie messe a dimora, poi, non sono quelle che il determinismo naturale avrebbe voluto sul posto, soprattutto dal punto di vista genetico. Le piante messe a dimora artificialmente – nella piantagione sostitutiva – non appartengono quasi mai al genoma delle popolazioni locali, non hanno caratteristiche genetiche compatibili, perché non sono semplicemente reperibili nel circuito vivaistico”.