AGI - La figlia di Aleksandr Dugin, il filosofo ultranazionalista tra gli ideologi della "rivoluzione conservatrice" della Russia di Putin, è stata uccisa da un'autobomba a una cinquantina di chilometri da Mosca, in un attentato che per gli inquirenti è stato compiuto "su commissione".
I primi sospetti si sono rivolti verso Kiev, che ha negato ogni responsabilità. Secondo conoscenti e amici della vittima, citati dai media russi, Dugin - fin dall'inizio accanito sostenitore dell'offensiva del Cremlino in Ucraina - era il vero bersaglio: la figlia aveva preso in prestito la sua auto (una Toyota Land Cruiser) e lo stesso Dugin non è salito a bordo all'ultimo minuto, seguendo invece la figlia sull'auto di un amico.
Le immagini dal luogo dell'esplosione lo mostrano in piedi davanti all'auto in fiamme, con le mani tra i capelli. Padre e figlia avevano partecipato sabato al festival 'Tradizione', nella località di Zakharovo. Durante il festival, l'auto era parcheggiata nell'area Vip, dove si ritiene sia stato piazzato l'ordigno.
Secondo la testata russa Lenta.ru, però, le telecamere di sorveglianza sul posto non funzionavano. Dugin stavano rientrando a Mosca quando il Suv su cui viaggiava Daria è esploso e poi andato in fiamme nei pressi del villaggio di Bolshie Vyzyomy. La ragazza è morta sul colpo, mentre il padre - secondo l'ex consigliere del presidente Putin, Serghei Markov - è stato poco dopo ricoverato in ospedale.
Chi era Darya Dugina
Dugina - giornalista, classe 1992 e collaboratrice di testate come Russia Today e la tv ortodossa Tsargrad - ha apertamente sostenuto l'offensiva in Ucraina e svolgeva un intenso impegno intellettuale nella scia del padre. A luglio la Gran Bretagna l'ha inserita nella blacklist dei sanzionati per diffusione di disinformazione sulla guerra.
Chi è Aleksandr Dugin
Sessant'anni, fluente in diverse lingue tra cui l'italiano, Dugin è tra i promotori dell'idea del 'mondo russo' - l'unificazione dei territori di lingua russa in un vasto nuovo impero russo - alla base, tra le altre cose, della giusticazione ideologica dell'invasione dell'Ucraina; è anche esponente della corrente eurasista del nazionalismo russo, che promuove la creazione di una superpotenza attraverso l'integrazione della Russia con le ex Repubbliche sovietiche.
Spesso chiamato in Occidente 'il Rasputin di Putin' o l'ideologo di Putin', la sua reale vicinanza e influenza sul leader del Cremlino è spesso messa in dubbio in Russia e i loro rapporti rimangono opachi. Dugin - vicino all'ex collaboratore del leader della Lega Matteo Salvini, Gianluca Savoini, che nelle sue trasferte a Mosca lo ha incontrato spesso - era già nell'elenco delle sanzioni occidentali fin dal 2015, per il suo presunto ruolo nell'annessione della Crimea l'anno precedente.
Il potente capo del Comitato investigativo russo, Aleksandr Bastrykin, ha preso personalmente in mano le indagini sull'omicidio. Si stanno valutando "tutte le versioni" per determinare la responsabilità dell'accaduto: per ora gli inquirenti hanno fatto sapere che l'ordigno era piazzato sotto il sedile del conducente e che l'attentato è avvenuto "su commissione".
Le ipotesi che circolano vanno da una vendetta ucraina, a un regolamento di conti all'interno dell'èlite russa. "I terroristi del regime ucraino hanno cercato di uccidere Aleksander Dugin, ma hanno fatto saltare in aria sua figlia", ha scritto su Telegram Denis Pushilin, il leader dei separatisti filorussi dell'autoproclamata Repubblica di Donetsk, in Donbass.
"Se la pista ucraina sarà confermata dalle autorità competenti", ha scritto su Telegram la portavoce del ministero degli Esteri di Mosca, Maria Zakharova, "si tratterà di terrorismo di Stato da parte del regime di Kiev". Dalla presidenza ucraina, il consigliere Mikhailo Podolyak ha respinto le accuse: "Non abbiamo nulla a che fare. Non siamo uno Stato criminale, come la Federazione russa, e tanto meno uno Stato terrorista", ha dichiarato Podolyak alla tv ucraina.
Intanto, l'omicidio ha scatenato sui social e i media le voci di chi in Russia sostiene una linea più radicale sull'Ucraina. "è ovvio che da oggi non ci sono più luoghi sicuri in Russia. L'unico modo per proteggere il Paese è distruggere il nostro nemico naturale seduto a Kiev, Dnepropetrovsk, Kharkov, Nikolaev, Odessa e in altre città russe", ha dichiarato Akim Apachev, amico della vittima e tra gli ultimi ad aver parlato con lei sabato sera.