AGI - Siccità, temperature record, incendi devastanti ma anche nubifragi e tempeste violente, oltre a una temperatura del mare superiore di 6,5 gradi rispetto alle medie stagionali.
Nella torrida estate 2022 l'area del Mediterraneo è flagellata prima del resto del mondo dalle "due facce della stessa piaga: il cambiamento climatico, che mediamente nella regione è ancora più veloce" della media globale.
Il quotidiano francese Le Monde dedica l'apertura del sito e la prima pagina del giornale in edicola all'analisi di cause e conseguenze delle manifestazioni meteorologiche estreme e sempre più frequenti nell'area mediterranea, dal Portogallo all'Iraq, dalla Spagna al Marocco, dall'Italia alla Grecia, illustrando quanto accade con una mappa in cui il rosso è il colore dominante.
Secondo i dati diffusi da Copernicus, programma europeo di osservazione della Terra, tra il 1993 e il 2020, nelle regioni del bacino mediterraneo la temperatura dell'aria è aumentata in media di 0,036 gradi centigradi all'anno, quindi in tutto di 1 grado.
Il quotidiano francese evidenzia che gli effetti di questa evoluzione si stanno manifestando molto duramente quest'estate, precisando tuttavia che "il cambiamento climatico non spiega da solo tutti questi fenomeni, ma è effettivamente responsabile delle ondate di caldo che si moltiplicano anche in mare".
In quello che da settimane ormai suona come un vero e proprio bollettino di guerra - alla stregua del conflitto tra Ucraina e Russia - Le Monde cita gli incendi boschivi in Spagna e Portogallo, la peggiore siccità da 40 anni in Marocco, le cui riserve sono vuote al 75% e la desertificazione crescente dell'Iraq.
A queste manifestazioni meteorologico-climatiche terrestri si aggiungono quelle marittime e dei relativi habitat, ineluttabilmente colpite da ripetute ondate di caldo. Quest'estate tra le coste francesi, spagnole e italiane sono state misurate temperature di 6,5 C al di sopra delle medie stagionali oltre ad anomalie termiche molto significative per almeno 70 giorni di seguito.
E ancora, a 20 metri sotto la superficie l'acqua ha raggiunto 28 C al largo di Marsiglia, 30 C a Bastia e nelle Isole Baleari. Queste ondate di calore del mare hanno effetti devastanti sulla fauna selvatica e i loro habitat, tra cui coralli e posidonia.
Sono i segni tangibili di una tendenza al riscaldamento accelerato della regione mediterranea che rientra in un fenomeno globale, documentata da numerosi studi scientifici. "Il piccolo lago attorno al quale viviamo in 500 milioni è ormai uno dei punti più caldi del pianeta: si riscalda del 20% più velocemente rispetto al resto del mondo con molteplici conseguenze" ha dichiarato Nasser Kamel, segretario generale dell'Unione per il Mediterraneo (Upm).
L'organizzazione costituita da 42 Paesi della regione assieme al Programma per l'Ambiente per le Nazioni Unite è all'origine di una delle pubblicazioni più importanti sulle conoscenze in materia di cambiamento climatico e ambientale nel Mediterraneo, firmata da 190 scienziati di 25 nazioni.
Secondo lo studio, il clima diventerà sempre più difficile da sopportare nella maggior parte delle grandi città della regione storica culla di civiltà. Nel contempo l'innalzamento del livello del mare, che dovrebbe superare il metro entro il 2100, metterà a repentaglio non solo alcune piccole isole pianeggianti in Tunisia, Grecia o Italia, e potrebbe colpire con piena forza gli agglomerati costieri, già esposti a forti mareggiate.
Ad essere interessato da queste conseguenze estreme sarebbe un terzo della popolazione delle coste e almeno 37 milioni di persone vedrebbero minacciati i propri mezzi di sussistenza" ha avvertito la rete di climatologi del Mediterraneo.
Studi scientifici incrociati citati dal quotidiano francese hanno anche evidenziato il rischio crescente di alluvioni e smottamenti a causa delle piogge torrenziali, di una riduzione della superficie delle terre agricole minacciate dall'innalzamento del Mediterraneo, dell'erosione delle coste, della salinizzazione che ipotecherà le risorse in acqua potabile e di conseguenza tutte le attività umane.
Secondo gli scienziati, tra 20 anni più di 250 milioni di persone avranno problemi di approvvigionamento idrico, con un conseguente aumento "della conflittualità tra i popoli e delle migrazioni di massa". Il riscaldamento globale minaccia anche la sicurezza alimentare: si stima che il calo di produzione del grano potrebbe essere di circa il 7,5% per ogni grado in più.
Le conseguenze dell'aumento delle temperature saranno drammatiche anche per la biodiversità della regione del Mediterraneo, sia terrestre che marittima. Il 41% dei principali predatori marini dell'area è destinato a scomparire per mancanza di cibo e già da anni si sta riducendo la dimensione delle sardine.
Gli ecosistemi di tutta la regione saranno sempre più sconvolti dall'arrivo di 700 specie di piante e animali esogeni, a riprova del cambiamento delle condizioni ambientali già in atto. Ad esempio, il pesce leone orientale, in provenienza dal Mar Rosso, sta già divorando le larve di molte specie e sta conquistando l'intero bacino mediterraneo, per non parlare delle microalghe tossiche e dell'invasione di meduse.
In questo scenario apocalittico, come se non bastasse l'Unesco ha lanciato l'allarme, finora sottostimato, di uno tsunami nel Mediterraneo sulla base di un'esplorazione dei vulcani sottomarini nelle vicinanze delle Eolie. è praticamente certo che si manifesterà nell'arco del prossimo trentennio, con onde di oltre un metro sui litorali densamente popolati del bacino.