AGI - La strage di Cettigne ha riportato all'attenzione dei media internazionali il Montenegro, piccola repubblica che svolge il ruolo di cerniera tra i Paesi dei Balcani che guardano a Ovest e le componenti più vicine alla Russia. Separatosi dalla Serbia in modo incruento, il Paese è membro della Nato dal 2017 ma conserva ancora forti relazioni economiche con Mosca, non sempre trasparenti. Una dialettica che si riflette in un quadro politico instabile che vede alternarsi al potere partiti filoserbi e filoccidentali.
L'addio a Belgrado
Dopo l'indipendenza dall'impero ottomano ottenuta nel 1696, il Montenegro, prima regno indipendente, fu assorbito dal regno di Jugoslavia dopo la Prima Guerra Mondiale. In seguito alla dissoluzione del Paese nel 1992, il Montenegro rimase legato alla Serbia fino al 2006, quando un referendum ne sanci' l'indipendenza. Belgrado accettò il risultato e riconobbe il nuovo Stato ma ampi settori della politica serba negano ai montenegrini un'identità nazionale autonoma.
Queste tensioni, alimentate da accese polemiche, portarono nel 2020 all'espulsione dell'ambasciatore serbo Vladimir Bozovic, il quale aveva definito "una liberazione" l'ingresso del Montenegro nella Jugoslavia. Da allora Bozovic non è stato mai rimpiazzato.
L'ingresso della Nato che divise il Paese
L'avvio della procedura per l'entrata del Montenegro nell'Alleanza atlantica spaccò la popolazione lungo le sue linee etniche. Da una parte albanesi e bosgnacchi, ostili a Belgrado, guardavano per lo piu' con favore a un posizionamento che avrebbe allontanato Podgorica dalla Russia, potenza tutrice della Serbia.
Dall'altra i cittadini di origine serba vedevano con ostilità un'adesione che avrebbe allontanato il Montenegro dalla vecchia madrepatria. Una volta formalizzato l'ingresso del Paese nella Nato, la Russia lamentò che la decisione andava contro il volere di circa metà del Paese.
Le complesse relazioni con Mosca
Dopo l'adesione alla Nato, i rapporti tra Montenegro e Russia peggiorarono in modo sensibile, tra sanzioni e accuse di interferenze. Le relazioni economiche rimangono però molto robuste. Nell'ondata di privatizzazioni che seguì il crollo del comunismo, gli imprenditori russi riuscirono ad accaparrarsi una grossa fetta delle attività produttive del Paese. Dieci anni fa Monstat, l'istituto nazionale di statistica di Podgorica, affermo' che circa un terzo delle quote di aziende straniere presenti sul territorio montenegrino fa capo a uomini d'affari russi.
L'ombra della mafia
Come altre repubbliche balcaniche, a partire dal Kosovo, il Montenegro è crocevia di numerosi traffici illeciti. La debolezza dello Stato di diritto complica il cammino del Paese, che ha lo status di candidato, verso l'Unione Europea. Secondo un rapporto stilato nel 2019 dall'Organized Crime and Corruption Reporting Project, il Montenegro è una vera e propria "lavatrice" dei soldi sporchi della mafia russa.
Non mancano i collegamenti con la criminalità organizzata italiana, soprattutto alla luce dei rapporti di collaborazione tra 'ndrangheta e mafia albanese nel narcotraffico. La mafia autoctona non ha una "cupola unica" ma è composta da piu' clan, spesso in lotta tra loro e molto attivi nei business della cocaina, del traffico d'armi e dell'immigrazione clandestina. Ha inoltre base il Montenegro anche la banda delle "Pantere Rosa", specializzata in furti di gioielli.
Un quadro politico instabile
Dopo la caduta, lo scorso febbraio, del governo centrista di Zdravko Krivokapic, la guida dell'esecutivo è passata al suo giovane vice, Dritan Azabovic, che si è assunto il compito di attuare le riforme necessarie ad accelerare l'ingresso nell'Unione Europea.
Di etnia albanese e di religione musulmana, Azabovic è a capo di una coalizione di partiti moderati, sia filoserbi che filoccidentali, che è inciampata di recente nell'atteso accordo che regola i rapporti con la Chiesa Ortodossa Serba.
L'intesa è stata accolta con favore dalle fazioni vicine a Belgrado ma altri partiti, in particolare i socialisti, ne hanno lamentato il carattere anticostituzionale e hanno annunciato una mozione di sfiducia ai danni di Azabovic, che potrebbe essere discussa nei prossimi giorni. Il Montenegro rischia quindi di andare a nuove elezioni in una congiuntura geopolitica delicatissima.