AGI - "Nonostante le condizioni avverse siamo riusciti a concludere l’accordo per il corridoio del grano e tutto procede senza problemi”. Lo ha detto il presidente turco Recep Tayyip Erdogan rassicurando sull'andamento dell'intesa, nonostante il primo carico rimanga ancorato al largo delle acque turche in attesa di una destinazione.
Un accordo non facile, per raggiungere il quale sono stati necessari due mesi di intensi sforzi diplomatici da parte della Turchia e l'intervento del Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres; un'intesa che ha tremato appena 12 ore dopo la firma, quando missili russi sono piovuti sul porto di Odessa. Un episodio che ha fatto vacillare le parti e spinto Erdogan alla cautela. Il presidente turco ha mantenuto un profilo basso evitando l'argomento fino all'incontro con il leader russo Vladimir Putin avvenuto a Sochi lo scorso 5 agosto.
L'occasione per fare un punto sull'accordo e per il presidente russo, che ha ricordato all'Europa di essere 'grata' a Erdogan e sottolineato che l'intesa prevede anche il passaggio di grano, fertilizzanti e materie prime prodotte dalla Russia.
Tuttavia su questi primi giorni di vita del 'corridoio del grano' aleggia il mistero della nave Razoni. Battente bandiera della Sierra Leone, la Razoni e' stata la prima nave a prendere il largo dal porto di Odessa lo scorso 1 agosto e con un carico di 26.5 mila tonnellate di grano era attesa domenica scorsa nel porto libanese di Tripoli. Un segnale di grande speranza, che ha posto fine a una lunga attesa, cui però non è mai seguito un attracco.
La Razoni è ora in attesa di ordini al largo del porto di Mersin, uno dei principali centri portuali della costa turca. Alla base dello stallo il rifiuto da parte della compagnia libanese che aveva ordinato il carico, un recesso unilaterale motivato dai più di 5 mesi di ritardo nella consegna. Una situazione a dir poco paradossale, considerando la natura umanitaria che ha favorito il raggiungimento dell'accordo e il rischio di una crisi alimentare che l'intesa mira a scongiurare.
Nonostante la carenza di grano nei mercati europei, africani e mediorentali, la Razoni da giorni rimane al largo del Mediterraneo in attesa di un nuovo porto in cui attraccare. Nonostante la situazione poco chiara della prima nave e un futuro che sicuramente non passa per il porto di Tripoli, come confermato dalle autorita' portuali libanesi, l'accordo va avanti.
A 8 giorni dalla partenza della prima nave sono 10 le navi salpate dai porti ucraini, con un totale di 322 mila tonnellate di derrate di cereali, olio di girasole e soya, mentre altre due navi hanno ottenuto il via libera all'ingresso nel Mar Nero e sono dirette in Ucraina per essere caricate. Ultime in ordine di tempo la MV Ocean Lion e la Mv Rahmi Yagci, sono partite questa mattina dal porto di Chernomorrsk con rispettivamente 64,7 mila tonnellate di grano e 5.3 mila tonnellate di olio di girasole e dirette la prima in Corea del Sud, la seconda proprio a Istanbul.
Entrambe sono attese mercoledì per l'ispezione da parte dei membri del Centro di Coordinamento Congiunto stabilito a Istanbul, formato da rappresentanti di Russia. Ucraina, Turchia e Nazioni Unite, 5 per parte. Ispezione necessaria anche per le navi vuote in entrata, cosi' come richiesto dalla Russia, che vuole essere sicura che non vengano trasportate armi in Ucraina. Oggi tocca alla Riva Wind, Glory e Star Helena, partite domenica dai porti ucraini, essere ispezionate da parte dei membri del Centro di Coordinamento Congiunto. Si tratta di 3 delle 4 navi navi (l'altra era stata ispezionata ieri) salpate domenica con un totale di 161 mila tonnellate di granaglie dai porti ucraini.
Sabato scorso il Centro di Coordinamento Congiunto aveva dato semaforo verde al passaggio di 3 altre navi: la Navistar, battente bandiera panamense e diretta in Irlanda con 33 mila tonnellate di grano, la maltese Rojen, diretta in İnghilterra e la nave turca Polarnet diretta vero il porto turco di Karasu con rispettivamente 13 mila e 12 mila tonnellate di frumento.
Al momento, come dice Erdogan, l'intesa sta tenendo e se non ci saranno intoppi al termine dei 120 giorni previsti dalla firma di Istanbul, l'accordo verra' rinnovato automaticamente. La Russia ha interesse a mantenere l'accordo in piedi perché punta a far uscire i propri prodotti, tuttavia non sono stati specificati tempi e procedure relative l'export di grano, fertilizzanti e materie prime.
Allo stesso tempo l'Ucraina vede sbloccato il passaggio del grano, soya e olio di girasole, principali prodotti agricoli del Paese destinati all'estero. Interessi economici che però con il conflitto in corso rischiano di finire in secondo piano, schiacciati dall'ostilità fra le parti che la guerra alimenta giorno dopo giorni. Erdogan punta a mantenere in vita l'accordo perché non ha abbandonato l'idea di far incontrare Putine e il presidente ucraino Volodimir Zelensky per imbastire un negoziato che porti a una tregua. Il clima di profonda ostilità che ha accompagnato tutta la trattativa fino alla cerimonia delle firme, cosi' come i missili sul porto di Odessa, hanno però riportato il presidente turco alla realta', lo hanno spinto a mantenere un profilo basso. Erdogan e' consapevole della fragilita' dell'accordo in vigore e del fatto che se il 'corridoio del grano' dovesse fallire non vi sarebbe alcuno spazio per ulteriori trattative.