AGI - È partita ufficialmente la visita a Taipei della presidente della Camera dei rappresentanti Usa, Nancy Pelosi, accolta dalla "ferma condanna" di Pechino che ha inviato i suoi caccia nello Stretto di Taiwan e dato il via "operazioni militari mirate".
Il Boeing C-40C della Us Air Force, con a bordo la delegazione guidata da Pelosi, è atterrato all'aeroporto Songshan di Taipei alle 22.44, ora locale, dove si era riunita una gran folla e mentre in città il grattacielo più alto del Paese esponea la scritta "Benvenuta". Ad accogliere la delegazione c'era, tra gli altri, il ministro degli Esteri dell'isola, Joseph Wu.
"Venendo a Taiwan, onoriamo il nostro impegno per la democrazia, riaffermiamo che le libertà di Taiwan, e di tutte le democrazie, deve essere rispettata", ha spiegato la speaker della Camera, in un articolo a sua firma sul Washington Post.
Pelosi è il rappresentante Usa di più alto livello a mettere piede sull'isola dal 1997. Ora i fari sono puntati sull'incontro con la presidente di Taiwan, Tsai Ing-wen, e soprattutto sulle possibili mosse di Pechino in risposta a una missione su cui da giorni aveva lanciato moniti e condanne.
Poco dopo l'ingresso dell'aereo americano nello spazio aereo dell'isola, i media cinesi hanno annunciato l'invio di caccia Su-35 dell'Esercito popolare di liberazione nello Stretto di Taiwan; l'atterraggio di Pelosi ha scatenato una raffica di comunicati di fuoco da parte di Pechino. Il ministero degli Esteri ha espresso "ferma condanna" e "forte protesta" contro gli Stati Uniti, parlando di "grave provocazione politica" e "violazione della sovranità e integrità territoriale".
Il ministero della Difesa, dal canto suo, ha annunciato l'avvio da questa sera di "operazioni militari mirate", compresi test missilistici attorno a Taiwan.
Pelosi, ha avvertito l'ufficio per gli Affari di Taiwan, "non può fermare il processo di riunificazione" di Taiwan alla Repubblica popolare cinese, che è entrato in una fase "irreversibile".
I rapporti tra Cina e Stati Uniti, già fortemente deteriorati, appaiono ora ancora più tesi: la questione di Taiwan è il nodo più intricato da sciogliere, e le posizioni di Washington e Pechino appaiono sempre più distanti.
"Chi gioca con il fuoco si brucia", era stato l'avvertimento del presidente cinese, Xi Jinping, al collega Usa, Joe Biden, ma la Casa Bianca ha ribadito che Pelosi ha il diritto di visitare Taiwan.
La missione onora "l'impegno risoluto" verso la "vibrante democrazia" di Taiwan, ha dichiarato Pelosi in una nota diffusa on line dopo l'atterraggio e riafferma il supporto per "il nostro partner" e per un "libero e aperto Indo-Pacifico".
Soprattutto, per Pelosi, la visita "non è in alcun modo in contraddizione" con la politica degli Usa verso Taiwan e verso la Cina. Gli Stati Uniti, però, si oppongono a "tentativi unilaterali di cambiare lo status quo" nello Stretto, ha aggiunto, riecheggiando la posizione già espressa settimana scorsa da Biden, nel colloquio telefonico con Xi.
In un'atmosfera già surriscaldata ben prima dell'avvio ufficiale della visita a Taipei, la portavoce del ministero degli Esteri cinse, Hua Chunying, aveva minacciato "contromisure risolute" nei confronti degli Stati Uniti che, ha detto, "pagheranno il prezzo per avere danneggiato gli interessi di sicurezza sovrani della Cina".
Le tensioni tra Washington e Pechino sono andate crescendo fino a oggi, quando l'escalation diplomatica ha toccato il culmine: il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, ha definito gli Usa "i più grandi distruttori della pace" nel mondo d'oggi. Le proteste diplomatiche - che hanno trovato il sostegno di Mosca da dove il governo ha condannato le "provocazioni" americane - si sono fuse con le minacce sul piano militare.
Il Comando orientale dell'Esercito popolare di liberazione cinese, che ha in carico le operazioni che riguardano l'isola, si è detto pronto a eseguire l'ordine di combattere, minacciando di "seppellire tutti i nemici". Pechino, intanto, ha incassato il sostegno di Mosca.
La tensione per l'arrivo di Pelosi sull'isola - fino all'ultimo silente riguardo alla missione - è palpabile anche a Taipei: l'esercito di Taiwan ha rafforzato la sua prontezza al combattimento, e ha adeguato le sue politiche di risposta alle minacce.
L'attesa per l'arrivo di Pelosi è stata scandita da attimi di tensione in uno dei due scali aeroportuali della capitale, per un allarme bomba, poi apparentemente rientrato.
Sotto attacco dagli hacker è finito, invece, per alcune ore, il sito web dell'ufficio presidenziale di Taiwan, che ha riscontrato vari problemi nella giornata di oggi.
L'auspicio della presidenza di Taiwan è quello di "approfondire la partnership con gli Stati Uniti e di mantenere la pace e la stabilità nella regione dell'Indo-Pacifico".
Usa, non vogliamo crisi, pronti a gestire reazione della Cina
"Gli Stati Uniti non cercano nè vogliono una crisi", ma "siamo pronti a gestire ciò che Pechino deciderà di fare". Lo ha dichiarato John Kirby, portavoce del consiglio di Sicurezza nazionale della Casa Bianca, in una conferenza stampa nel giorno della controversa visita a Taiwan della presidente della Camera dei rappresentanti Usa, Nancy Pelosi.
Kirby ha assicurato che gli avvertimenti lanciati da Pechino nelle ultime ore sono "in linea" con quanto previsto dagli Stati Uniti, e ha sostenuto che per il governo cinese "non c'è motivo" per usare questo viaggio come "pretesto per aumentare la propria attività militare" nella regione.
L'alto funzionario Usa ha quindi ricordato che gli aerei militari cinesi hanno sorvolato lo Stretto di Taiwan mentre Pelosi si avvicinava all'isola e ha previsto che la Cina continuerà a effettuare manovre di questo tipo nei prossimi giorni, anche dopo la visita della presidente.
Ma il viaggio di Pelosi, ha ribadito Kirby "è coerente" con la politica "una sola Cina" promossa dagli Stati Uniti dal 1979.
"Abbiamo detto che siamo contrari a qualsiasi modifica unilaterale dello status quo da entrambe le parti" e "che non sosteniamo l'indipendenza di Taiwan", ha affermato. Kirby ha poi precisato che il viaggio nell'isola è stata una decisione di Pelosi, che rappresenta un potere indipendente dall'esecutivo, e che il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, "rispetta" la sua volontà.