AGI - Il fenomeno dei bambini di strada è comune un po’ a tutte le città africane, in particolare nelle megalopoli. È il frutto di una povertà dilagante. Le famiglie li abbandonano perché non sanno come occuparsene. È una bocca in più da sfamare e spesso non c’è nulla, e non è che non si riesce a mettere insieme il pranzo con la cena, non si riesce a mettere insieme né l’uno né l’altra.
Le grandi città africane sono attraversate da sciami di bambini e bambine in cerca di “qualcosa” per sopravvivere. Nella capitale keniana, Nairobi, il fenomeno è molto acuto e ti imbatti con una certa frequenza con persone che sono diventate stracci viventi. Vivono sotto i ponti, oppure in qualche discarica dove, giorno dopo giorno, rovistano nell’immondizia per recuperare qualcosa da poter rivendere o, nella peggiore delle ipotesi, qualcosa da mangiare.
Vagano senza meta nelle vie del centro mettendo in atto piccoli furti. Ma li vedi agli angoli delle strade con gli occhi strafatti. Per sopravvivere e sopportare i morsi della fame sniffano colla o stracci imbevuti di benzina. In molti casi sono tollerati, in altri vengono raccolti dalla polizia e portati in qualche centro di accoglienza della capitale gestito da ong internazionali o locali. Lo stato non se ne occupa. Sembra quasi che non sia un loro problema.
In molte città, invece, non sono per nulla tollerati. Ed è per questo che periodicamente le forze dell’ordine mettono in atto retate in cui arrestano in maniera indiscriminata bambini di strada e mendicanti, la differenza è solo l’età. Ma l’esigenza dei governi è quella di ripulire le strade delle città. Lo spettacolo, degradante, non può essere tollerato, meglio nasconderli nelle carceri dove scompaiono dallo sguardo dei cittadini benestanti. Ed ecco che il problema dei bambini di strada è risolto, scomparso. Questo è quello che è capitato ieri a Bujumbura, capitale economica del Burundi.
Quasi 300 tra medicanti e bambini di strada sono stati arrestati durante i rastrellamenti della polizia. Secondo la Federazione nazionale delle associazioni impegnate nel campo dell’infanzia in Burundi (Fenadeb), che riunisce più di 70 associazioni, sono stati arrestati più di 208 mendicanti adulti, ma anche 86 minori.
Le autorità statali hanno confermato queste operazioni di rastrellamento che dureranno fino a quando “in Burundi l’accattonaggio e il fenomeno dei bambini di strada non saranno completamente debellati”. Il segretario permanente del ministero della Solidarietà Nazionale, Felix Ngendabanyikwa, ha spiegato che i “bambini saranno traferiti nei centri di sorveglianza, per poi essere rimandati al loro luogo di origine, mentre per gli adulti la polizia sta completando i fascicoli legali in modo che siano puntiti a norma di legge”. A fine giugno il ministero aveva concesso due settimane a circa 7mila bambini di strada indentificati e migliaia di mendicanti burundesi per tornare a casa o nel luogo di origine, pena “la punizione a norma di legge”.
Dove possono andare questi bambini, tornare nelle loro case da cui sono stati cacciati e messi in strada dai loro genitori? Forse lo Stato non capisce o non vuole capire che questi bambini e bambine non vagano per le strade delle città per gioco, per loro è solo sopravvivenza.
Il codice penale del Burundi prevede pene che vanno da 2 mesi di reclusione per vagabondaggio a 15 anni per incitamento a mendicare. Il governo aveva effettuato un’operazione simile nel 2018, ma “alcuni bambini di strada che erano stati portati dalle loro famiglie all’interno del paese erano tornati a Bujumbura”, spiega il coordinatore di Fenadeb, Ferdinand Ntamahungiro che chiede al Burundi, paese classificato nel 2021 dalla Banca Mondiale come il più povero del mondo, di combattere “le cause che li spingono a diventare bambini di strada, cioè la povertà e la violenza domestica”. Il problema non si risolve con le retate e con il carcere. I bambini e i ragazzi che finiscono nelle patrie galere entrano in un girone ancora più infernale della strada.
Ma ci sono autorità statali e di polizia che usano metodi più spicci. Come è capitato nella Repubblica del Congo dove, nel periodo pandemico, ha usato il confinamento per ripulire le città dai bambini di strada e dalle gang di giovani delinquenti. Bambini bastonati dalla polizia o che usa le armi, spara su di loro come fossero polli, poi vengono gettati in una fossa, come i loro amici banditi, i “Bebé-Noirs”, ragazzi tra i 17 e i 20 anni che seminano terrore e paura nei quartieri. E la polizia spara e se vuoi recuperare il corpo devi pagare il costo delle pallottole sparate per ucciderlo. Barbarie assoluta.
E questa non è un’invenzione è la testimonianza di padre Valentino Favaro, un missionario salesiano che vie da anni nella città di Pointe Noire e che non si da per vinto, si occupa dei bambini di strada da anni, rappresentando l’ultima speranza per decine di ragazzi che altrimenti non avrebbero nulla. Padre Valentino ha aperto due foyers che possono ospitare una sessantina di ragazzi. In quei luoghi vengono nutriti, vestiti, vengono avviati alla scuola.
Insomma, poche chiacchere e tanto realismo. Il governo, i governi africani, invece, fanno retate, sparano, ripuliscono le strade delle città senza offrire una soluzione, senza capire e quindi risolvere, le ragioni che alimentano questo fenomeno. Quando va bene li affidano alle ong internazionali e locali che hanno strutture di accoglienza senza, però, contribuire al loro mantenimento. O li mettono nelle patrie galere. Per lo stato il problema è risolto perché le strade sono state ripulite, ma i bambini di strada esistono e continueranno a esistere, finché i governi non cominceranno a pensare al benessere delle loro popolazioni, anziché all’arricchimento personale.